27 marzo, 70^ anniversario dell’arresto di don Giuseppe Potieri da parte delle SS

Don Giuseppe Potieri, anni '70
Don Giuseppe Potieri, anni ’70

“Guerre, pestilenze, carestie, padroneggi, infamie, prepotenze, tradimenti sono i principali ingredienti della pittura storica… Eppure se il mondo ancora esiste e l’umanità vive, vuol dire che il bene ha sempre sconfitto e soverchiato il male… Se si facevano processi vuol dire che c’era un’autorità che vigilava e c’erano delle coscienze deste che vegliavano e degli onesti che insorgevano”.
Piero Bargellini: Gelosia dell’Italiano, in ‘Frontespizio’, ottobre 1936, pagina 2

Forse è vero, come è vero che, come afferma ancora Bargellini: “mentre le tracce del male arrivano facilmente fino a noi, quelle del bene dileguano e difficilmente lasciano impronte visibili”, noi, uomini e gente degli anni duemila, siamo comunque forti ed attenti! Sarà proprio cosi? Come non ricordare, a 70 anni da quei giorni, l’impegno dei gussaghesi in quel triste quinquennio 1940-45 ed in particolare in quell’infido biennio posteriore all’8 settembre 1943, se non nel ricordo del sacrificio, di lui per tutti, anche i martirizzati, di quel prete che fu don Giuseppe Potieri (1907 – 1982)? Quante le belle testimonianze di coraggio civile dei gussaghesi e di tanti preti bresciani, non ultimo del nostro don Giuseppe arrestato, durante un affollatissimo incontro pubblico di giovani e uomini in corso in San Lorenzo, la sera di quel 27 marzo, martedì della Settima Santa 1945. Quella sera, seconda del ciclo di tre, parlava l’oratore Ettore Paganuzzi padre di numerosa famiglia; narra lo stesso don Giuseppe: “…era pieno anche il presbiterio in modo che rimaneva libera soltanto la corsia centrale”. E’ il Prevosto don Faustino Togni a “muoversi con fare cadenzato e pensoso, verso il presbiterio dove mi trovavo io. Quando fu vicino mi sussurrò all’orecchio che ero atteso alla porta della chiesa”. Convinto di una chiamata urgente per un ammalato presso l’Ospedale Richiedei don Giuseppe andò tranquillo alla porta. Si accorse che il fare dei sei neri sgherri lasciava intendere che l’ammalato grave da soccorrere era, invece, proprio lui. Lo ricorda lo stesso don Giuseppe nel suo, pubblico, scritto. Gli infidi temendo l’insurrezione di popolo, pensarono non potessero bastare loro le sole tenebre della notte e le brume piovigginose di quella sera tarda ad occultare la figura ecclesiastica del “condotto via forzatamente”, prima lo condussero a casa, a via Pinidolo, circondandolo di loro stessi per poi, più tardi, fargli riattraversare il paese sino alla fine di via Marconi costringendo il Cappellano dell’Ospedale a togliersi prima la talare e costrettolo a porsi entro un vestito borghese gli posero addosso anche una loro giubba ed un elmetto per nasconderne le conosciute sembianze. Dopo tre interrogatori notturni, l’ultimo dei quali di nuovo a casa [alla presenza del Prevosto Togni, di don Valentino Bazzani e del Professor Paganuzzi, appena giuntivi e supplicanti il Ten. Lombardo] lo condussero a Rodengo sede della SS.

Avendo aperto con le parole di Bargellini, vorremo concludere con altre poche righe, le prime vergate negli anni Trenta dall’onorevole Filippo Meda: “Diciamolo forte, lo storico cattolico ha il dovere, più d’ogni altro, d’applicare una critica scrupolosa nel verificare i fondamenti delle accuse… ma egli non potrà mai nonché nascondere, neppure compatire le colpe che risultino provate”
Filippo Meda in ‘L’Italia’, 3 maggio 1934

le seconde scritte dal “pater historiae” Don Ludovico Antonio Muratori: “Meglio è che la diciamo noi la verità piuttosto che sentircela detta con ischerno dai nemici”. Siamo fermamente convinti di ciò! “Verità” che Don Potieri ha patito, sofferta, detta e raccontata in prima persona. Don Giuseppe cominciò presto a lottare contro le “ide” e le imposizioni del Regime Fascista; infatti, fu consacrato “Sacerdos in aeternum” (30 maggio 1931) proprio il giorno in cui Mussolini sopprimeva tutte le Associazioni cattoliche e ordinava la chiusura degli Oratori parrocchiali (sedi generalizzate della vita giovanile di ciascun Comune, paese e frazione). In quello stesso giorno del 1931 a Gussago accadeva, di pomeriggio sul far della sera, tanto per dimostrare che <le disgrazie non camminano mai sole>, forse la più grande catastrofe atmosferica che mai si fosse verificata in paese: la grande alluvione del 30 maggio 1931.

A cura di Achille Giovanni Piardi

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