Accusata di inviare miliziani in Donbas: udienza rinviata

legge tribunale giudice

Si è aperto, ma è stato aggiornato al 4 aprile 2023 il processo a carico di Romana Mengaziol, la 66enne piemontese di origine ma di casa a Gussago, accusata di avere reclutato «miliziani» poi partiti per il Donbas dove avrebbero partecipato alla guerra civile scoppiata nel 2014 nella regione tra gli indipendentisti russi delle autoproclamate Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e la popolazione ucraina. Secondo la ricostruzione della procura di Brescia la donna, allora titolare di una agenzia privata di sicurezza con sede a Londra, avrebbe organizzato i viaggi in Russia ad almeno quattro italiani fornendo loro i biglietti e, in qualche caso, anche denaro.

L’udienza di ieri mattina davanti alla Corte d’Assise di Brescia si è aperta con un colpo di scena. In aula non erano infatti presenti i legali della donna che deve rispondere del reato di arruolamento con finalità di terrorismo. I due avvocati, entrambi provenienti dalla Calabria (uno è del foro di Castrovillari, l’altro di quello di Paola, in provincia di Cosenza) mercoledì sera hanno inviato una mail alla casella di posta certificata del tribunale di Brescia chiedendo il legittimo impedimento perché rimasti bloccati a Salerno dallo sciopero dei benzinai. La Corte presieduta dal giudice Cristina Amalia Ardenghi ha rigettato però l’istanza. «Potevano organizzarsi in maniera differente – ha scritto nell’ordinanza la Corte – Lo sciopero era stato indetto una settimana fa e c’era il tempo per predisporre un modo diverso per raggiungere Brescia». A quel punto i giudici hanno nominato un avvocato d’ufficio che ha chiesto un rinvio per poter prendere visione degli atti. La richiesta è stata inizialmente respinta dai giudici: per accedere al diritto del «termine a difesa» infatti l’imputata avrebbe dovuto rinunciare ai suoi legali di fiducia. Cosa che Romana Meganziol ha fatto (potrà ora nominarne un altro) facendo così slittare la prima udienza del processo al 4 aprile quando sul banco dei testimoni dovrebbero salire anche tre dei «miliziani» mandati nel Donbas e ritornati, con mezzi di fortuna, in Italia dopo poco tempo.

«Non ho commesso nulla – ha commentato la 66enne all’uscita del palazzo di Giustizia – Ho sempre lavorato nella legalità e non ho mai reclutato nessuno. A Genova per questa vicenda la posizione era stata archiviata. Sono ormai otto anni che mi trovo la vita rovinata da questa indagine. Ho perso il lavoro e trovarlo non è stato facile. Addosso ho questo marchio che mi è stato appiccicato senza che io abbia commesso nulla. Ho sempre rispettato il mio Paese: sono innocente».

Fonte: Bresciaoggi

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