
La pietas vuole che l’aggettivo di buono si accompagni spesso al nome di chi non c’è più. Ma Pietro Beschi era davvero un uomo buono, l’incarnazione modesta e sorridente di quel «buon padre di famiglia» che i testi giuridici si sforzano inutilmente di definire. Pietro, «Piero» per gli amici, è mancato ieri; aveva da poco compiuto 86 anni e viveva a Bergamo, assieme al figlio maggiore Francesco, Vescovo di quella Diocesi. E a Francesco, quando parlava dei suoi genitori, si illuminavano gli occhi. Trovava in loro la radice della sua fede, della sua vocazione, della sua storia, della sua stessa esperienza episcopale.
Non c’erano stati segni premonitori importanti di una malattia: solo alcune settimane fa un po’ di affaticamento aveva consigliato un ricovero in ospedale per risolvere un problema polmonare, che pareva superato. Invece, nei giorni successivi, il rapido aggravarsi del male, non gli ha lasciato speranze.
Pietro aveva vissuto una lunghissima carriera in Ferrovia, dove era entrato ancora adolescente, durante la guerra, sui treni e poi in uffici di sedi diverse: con competenza, umiltà e tenacia aveva percorso tutti i gradini, sino a divenire Capo stazione titolare a Brescia, ad inizio anni ’80. Da tutti apprezzato per le doti umane e l’innata educazione, aveva lasciato il servizio dopo oltre 40 anni per ritirarsi nella casa di Gussago (prima aveva abitato al Q.re 1° Maggio) e dedicarsi alla famiglia, in primo luogo all’adorata consorte, Giovanna Bar, scomparsa nel 2008 dopo lunghi anni di malattia, anni in cui Piero, amorevole quanto addolorato per la compagna che andava spegnendosi, non l’ha lasciata sola un minuto.
Con lei, Pietro aveva creato nella nostra città una bellissima famiglia, allietata da cinque figli: il primogenito Francesco, oggi Vescovo di Bergamo, quindi Paolo, Emanuele, Vincenzo e Chiara, la più piccola. Famiglia cresciuta nel rispetto profondo e convinto, nella semplicità del quotidiano, dei valori cristiani, guidata da Pietro con fermezza serena, era sempre condita da un sorriso e da un buffetto sulla guancia (un ricordo che conservo ancora, nitido, quando, bambino, andavo a casa Beschi con mio padre, suo collega ferroviere, coetaneo e grande amico e, identico, affettuoso, quarant’anni dopo, sulla tomba di mio padre, quando Pietro appoggiò sul mio viso l’affetto per l’amico perduto).
Pietro Beschi aveva vissuto il suo ruolo di funzionario dello Stato con cristallino spirito di servizio e, con lo spessore che un tempo caratterizzava le figure come la sua, anche grandi passioni: una di queste era la musica, condivisa anche con Giovanna, che aveva avuto in famiglia musicisti di primo piano in orchestre come quella di Palermo, Venezia e Parma. Cresciuti in questa passione, i cinque figli hanno studiato tutti anche in Conservatorio, diplomandosi in cinque strumenti diversi. Monsignor Francesco in violino, Paolo violoncello, Emanuele viola, Vincenzo fagotto e Chiara pianoforte. Dei cinque figli, due hanno proseguito nella carriera di musicisti: Paolo, brillante concertista, è docente al Conservatorio di Como, mentre Emanuele, che, oltre che come musicista, è noto per la produzione di importanti rassegne come le Settimane Barocche, insegna al Conservatorio di Milano.
La salma di Pietro Beschi resterà esposta oggi in Episcopio, a Bergamo, sino alle 21. Stasera, alle 18, in Cattedrale, a Bergamo, la Messa Funebre e domani, alle 15.30, a Gussago i funerali nella Parrocchiale di S. Maria Assunta Pieve di Santa Maria di Piedeldosso.
Fonte: Giornale di Brescia