Anoressia e bulimia, ogni anno al Richiedei 250 nuovi “casi”

Sono malattie subdole, che colpiscono nel corpo e nella psiche, danneggiano la salute fisica e compromettono le abilità cognitive e le relazioni sociali delle vittime. Nei giorni scorsi in tutta Italia si è celebrata la Giornata nazionale del “Fiocchetto lilla”, simbolo della lotta contro i Disturbi del comportamento alimentare (Dca). In tutta Italia ne soffrono approssimativamente due milioni di ragazzi, ed è la seconda causa di morte tra i giovani dopo gli incidenti stradali. L’anoressia, che è caratterizzata da una diminuzione del peso accompagnata da una percezione negativa del proprio corpo, ha una prevalenza dello 0,4% tra individui giovani; la bulimia invece – che si caratterizza invece per abbuffate, assumere grandi quantità di cibo in poco tempo – dell’1,5%. Entrambe sono caratterizzate da fenomeni «compensatori» come il vomito o l’abuso di lassativi. Questi ultimi non sono caratteristici, invece, del Binge eating disorder, il disturbo dell’alimentazione incontrollata, per il quale ci sono meno dati clinici. Le femmine sono le più interessate dai Dca, con un rapporto di 10 a 1. Sono veri e propri disturbi psichiatrici che possono essere trattati e risolti solo con un approccio combinato nutrizionale, internistico, psicologico e psichiatrico, appunto.

Uscire dal buio però, si può. Lo dimostra l’esperienza del Centro pilota regionale dell’ospedale Civile che ha sede al Richiedei di Gussago. La struttura nasce da un’intuizione di Fausto Manara che fu tra i primi ad occuparsi dei Dca in Italia e aprì un primo ambulatorio al Ronchettino. Negli anni Novanta si trasferì a Casa Moro dove aprì il primo ricovero da 5 posti, poi diventati 10 a cui si affiancarono 10 in day hospital. Alla chiusura della struttura, traslocò a Gussago dov’è ancora oggi, in una diversa ala, e sotto la guida di Mario Lombardi. La capienza è la medesima, 10 posti per il Mac (day hospital) attivo dalle 8:30 alle 17 e dedicato ai pazienti con condizioni cliniche meno serie e motivate al cambiamento; e altrettanti per la degenza, riservati per pazienti più gravi o che abitano a maggiore distanza. Si tratta di un centro riabilitativo – specifica Lombardi – dove non ci sono reparti di medicina e di rianimazione e non possono essere ricoverati pazienti con un indice di massa corporea inferiore a 13,5 (che significa, semplificando, 32 chili di peso per 1,65 di altezza). Nell’ultimo anno sono state ospitate in regime di ricovero una settantina di utenti (35 in residenziale e 33 in day hospital) per un percorso di 4-6 mesi con una presa in carico alla dimissione di altri 4-6 mesi. A questa struttura, si affianca il servizio ambulatoriale che prende in carico circa 250 richieste di primo contatto all’anno. L’attesa media per una prima visita è di un mese e mezzo circa. I casi meno gravi vengono seguiti ambulatorialmente – spiega Lombardi – per alcuni mesi, per poi optare eventualmente per il ricovero nel caso in cui il problema non sia risolto. Un problema che non risparmia nessuno. Al Centro di Gussago arrivano per lo più adolescenti e giovani adulti tra i 16 e i 30 anni, ma ce ne sono anche sotto i 50 anni, provenienti da tutti i contesti familiari e di qualsiasi fascia sociale. Il tasso di guarigione definitiva, per chi riesce a non abbandonare il percorso, è del 70%. Un dato in linea con i risultati internazionali che fa ben sperare.
Natalia Danesi

Fonte: Bresciaoggi

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