Anche dietro la mascherina, l’entusiasmo di Mirko Bresciani è contagioso: quando parla di basket non riesce a contenersi. «Il nostro è uno dei palazzetti più belli della provincia», dichiara con orgoglio, mostrando il parquet scintillante e le spaziose tribune del palasport di Molinetto di Mazzano, sede della Nbb (New Best Basket), la sua società sportiva. Proprio qui, il 22 febbraio 2014, si svolse un evento storico: una partita di Baskin, ovvero basket inclusivo. Tutto inizia a Cremona nel 2001, quando Antonio Bodini, padre di 5 figli, vede la sua secondogenita, disabile, giocare a basket in cortile insieme ai fratelli. La scena lo ispira: perché non creare una squadra dove tutti possano esprimere le proprie capacità? Così nasce il Baskin: su un campo con 4 canestri si muovono 5 giocatori, ciascuno con un ruolo che corrisponde alla propria abilità motoria. Numero 1: non può spostarsi nemmeno con la carrozzina (se non spinto da altri), ma è in grado di segnare in uno dei 2 canestri laterali. Quando riceve la palla ha 10 secondi per tirare, non può essere marcato e rimane nell’area laterale. Numero 2: può camminare o spostarsi, ma non correre. Quando riceve la palla ha dieci secondi per tirare in uno dei quattro canestri, dopo aver fatto almeno due palleggi. Non viene marcato. Numero 3: corre, ma ha difficoltà di coordinazione. Partecipa all’azione e può marcare ed essere marcato. I numeri 4 e 5 possono essere sia normodotati che disabili. La differenza è che il 4 conosce solo i fondamentali, mentre il 5 è un atleta esperto. È un gioco che valorizza le potenzialità di ogni giocatore riconoscendone e premiandone gli sforzi: un semplice tiro può essere un grande traguardo per chi può muovere solo le dita di una mano. Nel 2006 nasce a Cremona l’Associazione Baskin, tuttora centro di diffusione del gioco in Italia. Qualche anno dopo Bresciani incontra Bodini: «Ho visto le loro partite, poi ho seguito un corso per allenatori e nel 2014, ho organizzato l’evento a Molinetto, invitando l’associazione Aspra di Rivoltella e la fondazione Fobap di Brescia, impegnate con i disabili». Così i giocatori della formazione San Michele di Cremona coinvolgono gli spettatori nella prima partita di Baskin nel Bresciano.
La storia continua con Andrea Sina, presidente di Gussago Basket: «Giocavo a pallacanestro a Verolanuova: ho conosciuto il Baskin grazie a un compagno di squadra che a Cremona collaborava col Baskin. Con Mauro Piotti, diventato l’allenatore della nostra prima squadra di Baskin, ho organizzato un evento al palasport Corcione di Gussago, nel settembre 2014 con le associazioni Fobap, Vomere e Nikolajewka». Per Sina, il Baskin cambia le persone: «I normodotati hanno paura della disabilità: tendono ad allontanarsene. Ma quando si gioca insieme la distanza svanisce». «Molti sport privilegiano l’eccellenza – aggiunge Piotti -, il bello del Baskin è che non si basa sulla prestazione, ma tiene conto della fragilità. Il regolamento cambia per includere tutti». E tutte: «Non sarebbe Baskin senza le ragazze», afferma Bresciani. A Gussago il Baskin ha messo radici: Gussago Basket ha gestito il primo nucleo di giocatori, poi ecco le cooperative della Rete di Cdd e Css. Oggi una sessantina di giocatori forma il Liù Baskin: «Significa leone in dialetto – precisa Daniela Pittaluga, tra le coordinatrici del gruppo – ci allenavamo ogni mercoledì, poi il Coronavirus ci ha bloccato. Un peccato». Liu Baskin si concentra nei progetti per le scuole: «Collaboriamo soprattutto con le medie di Gussago: facciamo giocare gli alunni con la nostra squadra. La cosa più bella è quando si accorgono che il disabile può fare tantissime cose e insegnartene molte di più».
Anna Castoldi
Fonte: Bresciaoggi