La parola “presepio” deriva dal latino, praesepium, termine che indica la mangiatoia. La sua origine risale al medioevo, quando era tradizione ben salda nei fedeli mettere in scena sacre rappresentazioni sulla vita di Gesù, fra cui anche il momento della nascita: si trattava di presepi che oggi chiameremmo “viventi”. I tratti più antichi della storia del presepio sono tuttavia rinvenibili già nei primi secoli del cristianesimo, in quei tipi di testimonianze letterarie, archeologiche, toponomastiche ed artistiche che saranno sempre evidenziabili pure nei momenti storici successivi.
Una testimonianza letteraria è quella di San Girolamo, sacerdote, Padre e Dottore della Chiesa – Patrono della nostra Civine, il quale nel 404 (secolo V), dimorando in Betlemme in una delle grotte poste accanto a quella della Natività (vi mori poi nel 420 ed ivi fu sepolto), infatti, scrisse alla discepola Eustochio che l’altra discepola Paola, visitando la Terra Santa ed entrando in Betlemme, sostò allo Speculum Salvatoris ove notò lo stabulum, una mangiatoia scavata nella roccia, ove Gesù era nato (Girolamo, Ep.108,10; PL 22, 384). Si trattava evidentemente del luogo riferito anche dall’evangelista Luca (Lc 2,7).
Speranza e certezze dal Presepio
Il Presepe è una esortazione per sollecitare un impegno in tanti che vivono nel torpore della pigrizia, nell’indifferenza ai valori umani e cristiani, in difficili situazioni interiori e di disagio morale, nel buio delle cadute e nel disorientamento di vita.
Noi tutti, in qualsiasi situazione di vita, abbiamo bisogno di essere ascoltati, di essere consolati, di essere perdonati …tutti abbiamo bisogno di sentire la carezza di una mano che ci sussurri dolcemente: su! Coraggio … ama la vita, perché Gesù ti ama! A coloro che si sentono affaticati e oppressi, Lui -soltanto Lui- darà ristoro e sollievo… Lui ci dice con insistenza “Venite a Me!…”. La certezza dell’Amore fedele di Dio, nonostante le nostre miserie e i nostri peccati, le nostre ripetute cadute a causa della fragilità della condizione umana, deve aiutarci a sbloccare questa nostra vita che si è incastrata tra le ruote dentate del male (un male pervicace), dello scoraggiamento, della depressione. Dal Presepio, costruito e soprattutto pregato, ci giunga la potente “luce della speranza”…che proviene dalla Grotta di Bethlem e che ci fa dire con forza: nulla è perduto …con pazienza e nell’umiltà tutto può essere ricostruito, rifatto, rimodellato, rinnovato! Allora, rincuoriamoci, prendiamo coraggio (a quattro mani, se necessita), perché siamo stati chiamati alla Vita vera e alla gioia senza fine.
Sarebbe utile invocare lo Spirito Santo di Dio, Spirito di Unità, perché si attui la preghiera di Gesù dell’ “ut unum sint”- “Che tutti siano uno!” (Lettera Enciclica di Papa San Giovanni Paolo II, del 1995, Appello all’unità dei cristiani. Ma, soprattutto sono le “Parole” tratte dalla preghiera sacerdotale di Gesù, secondo il Vangelo di Giovanni, ma che intendono condensare lo spirito di tutta la preghiera, e specialmente la sua parte centrale (Giov. 17, 20-23): «Non soltanto per questi io prego ma anche per quelli che, attraverso la loro parola, crederanno in me, che tutti siano una cosa sola (ut omnes unum sint), e come tu, Padre, sei in me e io sono in te, così anch’essi siano in noi una cosa sola, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato, e io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, perché essi siano una cosa sola, come una cosa sola siamo noi, io in loro e tu in me … affinché il mondo sappia che tu mi ha mandato e hai amato loro come hai amato me».).
“Un Presepe in ogni casa” per porre al centro della casa il Presepe.
Ci sono diverse tradizioni come Babbo Natale [Santa Claus, in versione anglofona, che deriva dal personaggio storico: san Nicola, vescovo di Myra (oggi Demre, città situata nell’odierna Turchia), di cui si racconta che ritrovò e riportò in vita cinque fanciulli, rapiti e uccisi da un oste, e che per questo era considerato il protettore dei bimbi. Da notare che l’appellativo Santa Claus deriva da Sinterklaas, nome olandese di san Nicola, in Italia S. Nicola di Bari. (Wiki)] e l’Albero di Natale, ma il Presepe è molto più importante perché, come ha detto San Francesco, manifesta direttamente il mistero dell’incarnazione, e oggi – più che mai – c’è il pericolo di perdere il senso del Natale. Sarebbe bello rinnovare la catechesi in ogni casa a partire dal Presepe; parlare ai bambini, ai giovani ed agli adulti della nascita che ha cambiato la storia del mondo. Con il Presepe mettiamo il Natale al centro della famiglia e ricordiamo la bellezza dell’incarnazione di Cristo. Non è un mistero da poco che Dio si sia fatto uomo; si tratta di un gesto di amore più grande dello stesso atto della creazione dell’Universo. La creazione mostra un amore infinito per le creature. Non ci sono parole per descrivere la grandezza di questo atto. Siamo convinti della Sua incarnazione! Allora bisogna riflettere e meditare sulla nascita di Gesù, e la rappresentazione del Presepe invita e aiuta questa riflessione. Sentiamoci stimolati, siamone convinti! Il Natale è una occasione per ricordare che il Signore è stato grandissimo con noi ed è diventato uno come noi, fuorché nel peccato. Questo salva l’uomo, questo è l’amore di Dio, nella sua più estrema e pura espressione. Durante le festività natalizie si pensa alla vita in famiglia, alla riconciliazione, ai sentimenti di pietà, di perdono e d’amore, tutte cose belle e buone che tuttavia rappresentano soltanto la conseguenza ed i frutti della incarnazione di Gesù Cristo. Se Cristo, per volontà di Dio Padre, non ci avesse amato come ci ha amato e come ci ama, tutto questo sarebbe superfluo.
Il Cammino a Dio dovrebbe essere: “A Cristo por Maria” (A Cristo per mezzo di Maria) per giungere al Padre; così direbbe il nostro Papa Francesco nella sua lingua, el castellano. Fu, infatti, il motto del “Congreso Mariano ’80 de Argentina”, che il Papa sicuramente ben ricorda per averlo vissuto, nel 1980, in quella città Andina che porta il nome di Mendoza; Congresso al quale – anche noi che scriviamo – fummo attivamente presenti.
Vorrei un presepe grande così: … con i campi sterminati e freddi ma pieni di persone che scaldano a fiato le mani intirizzite e pazienti aspettano riaprire il cuore a una speranza di amore o anche solo di calma dentro di sé; … dove alla fine chi arriva alla capanna, ricco riparte di certezze finora inevase, sorrisi come dono e della strada lunga, abbracciati l’un l’altro ricordando per uno strano miracolo esistere ancora, e per tutti una speranza che non muore.
Poche parole come “Natale” rievocano nella nostra mente il loro significato immediato. Natale, ancora per tante persone, significa nascita di Cristo, festività che diventa occasione di ritrovo, di riunione nelle famiglie, di riflessione e di rievocazione. Di incarnazione di Gesù uomo, anche se non ci fu posto in albergo per la sua famiglia in quella Betlemme di allora. Siamo con Lui alla capanna od, invece, al Caravanserraglio? Presepio di Natale significa che è arrivato un bambino: il Bambino; dunque, il cambiamento in famiglia, la festa del cambiamento. La gioia, il gaudio del presepio di Natale.
E’ l’augurio natalizio che desidero scambiare con i gussaghesi!
A cura di Achille Giovanni Piardi