Giù nel “Büs de la Marta” sulle tracce della leggenda

Bus Marta 2015

Un’avventura nei boschi che guardano Gussago, giù nelle profondità del terreno, corda contro pietra, faccia contro fango, a caccia di un mito, della leggenda del «Büs dela Marta», la grotta oggetto di racconti e di storie romanzate degne de «I promessi sposi». Lei, la protagonista, Marta Antonelli, è realmente esistita a Civine nel Settecento. Si innamora di un soldato tedesco, Ariboldo, che però deve fuggire perché accusato di aver ucciso Marta stessa che invece è solo caduta nella grotta (secondo alcuni racconti sfuggiva dal signorotto del paese o da malviventi), quella grotta, poi detta buca di Marta, oggetto della nostra visita.

Un feuilleton o un racconto popolare ricco di varianti e di colpi di scena. Quello che conta il lieto fine: Marta e Ariboldo si sposano. Con Ariboldo sembra sia nata la stirpe dei Reboldi, cognome della frazione di Civine. Questo racconto fu raccolto proprio a Civine, dalla viva voce degli abitanti, nell’Ottocento, da don Giovan Battista Federici; citato dal poeta Arici; ripreso dal pronipote di Venturelli; oggetto del lavoro teatrale «La storia di Marta della buca», scritto da Vittorio Nichilo.

E così parte la nostra spedizione. Indispensabili guide e accompagnatori: il Gruppo Sentieri di Gussago. Una buca iniziale di circa tre metri di profondità è il primo ostacolo da affrontare. Uno stretto pertugio conduce aduna voragine; 15 metri di profondità, un camino che porta fino al fondo della grotta. Superato lo strettissimo iato si entra nel mito, a piedi nel vuoto, buio quasi totale, a tastare l’esile scaletta con gli scarponi. Operazione aggancio riuscita, ringraziando il cielo. Poi, corda di sicurezza stretta in vita e la discesa lungo il camino, lenta, cadenzata. La grotta, in fondo, è angusta ma, una volta accese le torce, mostra rocce dai più disparati colori e un’atmosfera surreale. In seguito di nuovo il buio assoluto, e proviamo a introdurci in un piccolo pertugio che dà accesso ad un altro spazio. La cassa toracica preme, ad ogni respiro, sulle pareti del cunicolo e ogni nostro fiato ansimante risuona nella grotta come se dovesse giungere da un tempo molto lontano.
Federico Bernardelli Curuz

Fonte: Giornale di Brescia

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