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Mestieri di una volta: la coltura del baco da seta a Gussago

La mitìda di Caaleèr. La bachicoltura a Gussago. Dal bigàtt a la galèta. Angelo Cartella, qualche mese addietro scrivendo ad Achille, così sì esprime: <<Achille, oggi mi sono capitate le foto dei bachi da seta che scattai anni fa; io ricordo bene, per noi contadini sino agli anni 50 era una delle prime entrate, come quella dovute alle ciliege. Perciò ci si impegnava prontamente, con la necessaria assidua attenzione. I bachi da seta dalla maggior parte dei contadini veniva definita la prima vendemmia; negli anni

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Mestieri di una volta: le “due some”

Civine di Gussago 1969. Le due some: quella dell’animale, somaro, e del suo padrone! …entrambi carichi…, a Civine. A cura di Achille Giovanni Piardi (Francesco Errera – Bs). Vittorio Bernardelli “Paciarlì”.

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Mestieri di una volta: èl Rasighì

Rasegòt e chi faceva, di mestiere, èl Rasighì. Rasighì: comunemente s’intende(va) una piccola sega a mano, meglio detto saracco o gattuccio. (Se a Gussago veramente si avvierà il museo della Civiltà contadina, lo rivedremo …ancora). In realtà il Rasighì o fare “èl Rasighì” era una professione, perlomeno un mestiere e non degli ultimi. Qui nella foto vediamo due Rasighì che usando una sega particolare, “rasegòt”, da condurre in due uomini ed armoniosamente, segano un tronco d’albero. Un tronco d’albero posto sopra la “cavra” o “cavrèta”,

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Mestieri di una volta: la contadina caricata del gerlo

Ritorno a casa con la “gabbia dèl patoss” (Gerlo di steli a maglie molto larghe, diverso da quello per il letame che presentava maglie strette e fatto quasi interamente si scorze di legname)  piena di fogliame per far da strame al bestiame, in particolare per “fà lèt” alle mucche; reca in mano due rastrelli tipici per la raccolta del fogliame, diversi da quelli utilizzati per raccogliere il fieno. Le mucche dovevano sdraiarsi su fogliame secco e asciutto, da cambiarsi ogni giorno. Dal fogliame intriso di deiezioni

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Mestieri di una volta: il bottaio

Bottaio è colui che costruisce botti, tini o vezze ovvero mastelli da cantina e da bucato (sòia e sòi, èze), sempre in legno. Da qui il nome tipico a Gussago per i mastri bottai detti, comunemente, “sòiarì”. Si racconta ce ne fossero in tutta la comunità gussaghese nell’Ottocento e sino ai primi quattro decenni del Novecento; i migliori lavoravano a Piedeldosso, in Via Stretta. Qui nella foto vediamo delle botti ed una gerla da uva e da vino durante le operazioni della vendemmia: pigiatura dell’uva,

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Mestieri di una volta: il maniscalco

Gussago. Maniscalco o fabbro ferraio. Specializzazione eccellente un tempo nel nostro paese quando il cavallo o gli altri animali da tiro, da traino o da soma erano elemento indispensabile per il lavoro nei campi e nei boschi o nel trasporto di derrate agricole, di cose o persone. A cura di Achille Giovanni Piardi Fotogafia di Angelo Cartella

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Mestieri di una volta: l’arte dello spannocchiare

“Scarfoià”. Spannocchiare e chiacchierare era normale a quei tempi. Levare le foglie per rendere libera la pannocchia di granoturco, oggi definito Mais. In questo modo posta al sole si asciugava e si colorava prima. Nella sgranatrice, un tempo solo a mano, si inseriva la pannocchia nuda: da una parte fuoriusciva il granoturco e dall’altra l’anima della stessa utilizzata, quando seccata, quale “legna” da ardere od, almeno, utile per avviare il fuoco del caminetto o della stufa. Nei passati decenni era possibile vedere le logge (lòza