Le abitazioni di questa contrada sono allineate sui due lati della strada nord-sud, sulla quale si affacciano con portoni ad arco o con cancelli sostenuti sempre da pilastri in pietra bianca, con paracarri a semisfera di pietra alla base degli stipiti per la protezione dei mozzi delle ruote di carri e carrozze.
Dall’ingresso, spesso sotto un androne, si accede al cortile interno, con le costruzioni sui due lati: a monte, stanze al piano terra con portico, scala che porta alla loggia del piano superiore, orientate sempre a mezzogiorno, sull’altro lato le zone di servizio; a occidente, l’uscita sul brolo o sull’orto, con il vaso dell’Acquafredda che forniva acqua per irrigare i terreni e per le fontane dentro alcuni cortili. Le case più articolate avevano costruzioni che chiudevano la corte sui quattro lati.
I cortili sul lato orientale della contrada sono più aperti e spaziosi, erano destinati soprattutto alle attività agricole, ospitavano molte famiglie di contadini, avevano porticati per attrezzi, stalle e fienili; il nucleo intorno alla chiesetta è di nuovo più signorile, con case padronali conservate nella loro silenziosa, sobria architettura.
Gli interventi effettuati su alcuni edifici probabilmente agli inizi di questo secolo e la destinazione a caserma dei “löc” più grandi hanno spesso portato manomissioni che impediscono la lettura dei segni più antichi.
Alla fine della contrada, a sud, sulla attuale via Galli un tempo detta dell’Acquafredda, le architetture più interessanti del passato sono una bella casa padronale e qualche edificio rustico ben conservato circondati per secoli solo da prati, broli e frutteti.
Le mappe napoleniche del 1810
Nella contrada S. Croce molte case già Inverardi e Bonomi erano diventate proprietà Trebeschi e Casari, che gareggiavano con i Chinelli in ampiezza di abitazioni (ma solo quella dei Trebeschi era dotata di un grande giardino all’italiana, come si vede nel disegno).
Una casa Salvi fu acquistata dal Chinelli, che ne presero un’altra, sempre alla Croce, da Cinaglia Angelica (i Chinelli possedevano anche la cascina del Bosco); per i vari matrimoni si imparentarono con i Casari sia i Ghidoni che i Chinelli; la casa accanto alla chiesetta era destinata al cappellano, ma don Assoni era benestante e abitava un grande edificio che passò a don Ghidoni.
Nel 1816 il Comune di Gussago vendette il mulino in località Molinazzo, con orto e pradello, a Casari Angelo. Anche alla Croce molte strutture indicate come “caseggiato” non erano altro che porticati e tettoie per fieno e attrezzi.
Le mappe austriache del 1844
Il nucleo di case non aveva subito trasformazioni particolari; i nuovi fabbricati servivano soprattutto per le attività agricole; è interessante vedere che nella parte più settentrionale c’erano le case già viste, era ancora quasi tutto campagna: dalle mappe di fine secolo invece si nota un notevole incremento costruttivo verso Villa. Sono presenti ancora le stesse famiglie di proprietari, cui subentreranno nuovi arrivi, per parentela o amicizia (ad esempio, le case Inverardi sono acquistate dai Carozzi orefici in Brescia; Marianna Carozzi sposa il pittore Tommaso Castellini, che nella casa di fronte alla Chiesa di croce si spegnerà).
Fonte: www.comune.gussago.bs.it