Ha corso nel deserto per 250 km senza acqua e cibo. Il runner festeggiato dai beduini dopo la traversata del Quattara, in Egitto che ha completato in 38 ore.
Un paio di guanti, una bandana, pile a maniche lunghe e piumino per le escursioni termiche notturne, crema solare, gps satellitare e una micro-telecamera. C’era questo nello zaino del runner gussaghese Stefano Miglietti quando, la settimana scorsa, ha iniziato la sua corsa solitaria nel deserto. Non una bottiglietta d’acqua nello zaino, non un alimento di cui nutrirsi, perché era proprio questa la sfida: attraversare i 250 chilometri del deserto egiziano di Qattara senza bere e mangiare.
Un’avventura no limits che Miglietti ha portato brillantemente a termine, percorrendo i 250 chilometri in 38 ore, e arrivando sano e salvo alla meta. Lui, che è famoso per le numerose traversate desertiche – nel 2011 ha corso in 52 ore, senza fermarsi, dieci maratone tra il deserto Bianco egiziano e il Gran mare di sabbia – ammette che quest’ultima traversata del deserto di Qattara è stata «la più difficile delle prove». La zona prescelta è calda e torrida, di giorno si arriva a 37 gradi, bisogna cercare di dare il massimo nella corsa soprattutto la notte. Più che la fame, Miglietti ha sofferto la sete, patendo crampi, difficoltà a deglutire e visioni dovute alla fatica estrema.
«Vedevo file di indiani sulle dune che mi seguivano a cavallo, ma sapevo che non era un’immagine reale e cercavo di non farmi tirare dentro nel sogno, opponendo uno sforzo mentale notevole per continuare a stare vigile – racconta il runner, tornato mercoledì dall’Egitto e ricevuto ieri in Provincia dall’assessore allo Sport Fabio Mandelli -. Si dice che il 60 per cento di queste imprese si vinca con la testa, in questo caso parlerei di 70 per cento…».
Alla domanda sul perché un uomo di 45 anni, imprenditore commerciale, padre di tre figli, esca dalla routine per buttarsi in un’impresa del genere, Miglietti risponde con più di un argomento: «C’è la voglia di mettersi alla prova, l’intento di alzare l’asticella del rischio, l’ambizione di osare qualcosa che nessuno aveva fatto finora e che prima della mia traversata era considerato impossibile dal punto di vista medico, senza contare l’esigenza di scavare dentro me stesso in profondità».
I primi a festeggiarlo sono stati i beduini che hanno applaudito il suo arrivo, mentre ieri, accanto all’assessore Mandelli che gli ha consegnato un orologio in ricordo dell’impresa, c’erano il vicesindaco di Gussago (Miglietti è gussaghese) Renato Verona e il professor Marco Rosa, il medico sportivo che lo ha seguito nella preparazione atletica. «Nei due giorni di corsa Stefano ha consumato più di 20mila calorie, l’equivalente energetico di quello che una persona mangia in due settimane – racconta Rosa -. Quando mi ha parlato di questa avventura, all’inizio sono rimasto molto perplesso, perché nel deserto il rischio più grosso è la disidratazione, e ti disidrati anche a stare fermo. La preparazione atletica è stata lunga, tanti gli allenamenti: oggi possiamo dire che Stefano ha spostato il limite umano una tacca più in là».
E Miglietti? Pensa già a una nuova sfida: «Mi piacerebbe tornare a fare una gara al freddo, in Canada o Lapponia, dove si corre a meno 40 gradi».
Lisa Cesco
Fonte: Bresciaoggi