E’ difficile vedere la luce in fondo al tunnel. A Gussago, come in molti altri Comuni del Bresciano. Perché il Coronavirus continua a colpire duramente: calano leggermente le curve ufficiali del contagio, ma la conta dei morti continua, inarrestabile, come la corsa del virus che sembra ormai fuori controllo. Nonostante i protocolli, i decreti, le ordinanze. Perché il problema è – innanzitutto – la mancanza di Dispositivi di Protezione per chi è in ‘prima linea’ e l’impossibilità per molti di effettuare i tamponi.
I numeri non tornano, e il tragico bollettino dell’Ats non fotografa la realtà del paese. I dati ufficiali parlano di 148 gussaghesi positivi: “Ma saranno almeno 5 volte di più – esclama Giovanni Coccoli, Sindaco di Gussago -. Tante persone che presentano i sintomi sono a casa, attendono un tampone che non arriva: perché non è vero che i tamponi vengono fatti alle famiglie di chi è positivo. Non è vero che vengono fatti a tutti coloro che sono sintomatici, non è vero che il piano funziona. Poi ci sono tante famiglie che preferiscono tenere i loro cari a casa perché sanno che se finissero in ospedale, e la situazione dovesse poi precipitare, non rivedrebbero mai più i propri parenti. Solo negli ultimi sei giorni sono deceduti 11 miei concittadini, mentre in tutto il mese d’aprile 2019 si erano verificati 16 decessi. Solo 6 sei di loro rientrano nel bollettino ufficiale, sono in attesa che mi dicano di cosa sono morti gli altri. Escludendo uno o due casi si tratta di persone che, mi hanno spiegato i medici di base, avevano sintomi riconducibili al Coronavirus. Vedere la chiesa di San Lorenzo trasformata in una nuova ‘chiesa dei morti’ è un dispiacere che difficilmente potremo dimenticare.”
Eppure il paese che ospita l’ospedale e la casa di riposo Paolo Richiedei si è attrezzato per poter effettuare i test, e in autonomia: “Ho le mani legate per poter fare i tamponi che l’ospedale Richiedei ha acquistato e potrebbe cominciare ad effettuare: i protocolli della Regione Lombardia e dell’Istituto Superiore della Sanità hanno bloccato la situazione. Certo non pretendo che i tamponi vengano fatti a tappeto, ma almeno ai pazienti e al personale della Rsa, come agli infermieri e agli operatori socio sanitari che si occupano del servizio domiciliare assistenziale attivo per alcuni anziani residenti in paese. Questi ultimi girano casa per casa, e spesso non hanno i dispositivi di protezione individuale: sono terrorizzati perché hanno paura di contagiare chi assistono, ma anche i loro famigliari”.
“Poi ci sono i medici di base – continua Coccoli -. Molti sono malati e non posso uscire per visitare i pazienti. Tra le tante situazioni al limite, segnalo quella di un ragazzo di 18 anni, operato qualche anno fa per un tumore alla gola: da 23 giorni è casa con sintomi riconducibili al Covid-19, ma non è mai stato sottoposto al tampone e la famiglia è disperata perché il medico di base ha il Coronavirus e non può visitare il ragazzo. Io non ricevo proposte concrete e mi sento impotente di fronte al dolore. Lo sto urlando da giorni di far fare i tamponi agli anziani in casa di riposo, ai medici di famiglia, al personale del Richiedei, a tutti i sintomatici, ma è una voce che grida nel deserto. Sabato al Richiedei sono morte 7 persone, 3 di Gussago e 4 ospiti ricoverati. Possiamo accettare tutto questo?”
Un’altra richiesta rimasta per ora inascoltata riguarda i dispositivi di protezione individuale. Continua il primo cittadino: “Le mascherine chirurgiche messe a disposizione dalla Regione sono in consegna e nelle prossime ore cominceremo la distribuzione alla popolazione. Ma è ovvio che non colmano la carenza di dispositivi di protezione individuale negli ospedali, che è il tema centrale. Per esempio il Richiedi ha una scorta che può durare ancora per 3-4 giorni. Sono settimane che cerco disperatamente nuove forniture, anche perché grazie alla raccolta fondi avviata abbiamo raccolto 45mila euro da destinare anche all’ acquisto di Dpi, ma è impossibile trovare mascherine Ffp2 e Ffp3: ordini e consegne sono sempre bloccati. Lunedì mattina ho consegnato personalmente 25 tute, ma le scorte stanno finendo”.
“L’aspetto più duro di questa emergenza – conclude Coccoli – è che noi sindaci lombardi non veniamo ascoltati da chi dovrebbe deliberare in fretta, da chi basterebbe ci ascoltasse, da chi pensa di fare conferenze stampa di propaganda senza rendersi conto che il territorio siamo noi e solo noi che lo conosciamo bene.”
Fonte: bresciatoday.it