Pietra dopo pietra, pezzo dopo pezzo, prende forma la nuova cornice muraria che abbraccia la Santissima. Si è conclusa la quarta tranche dei lavori per il risanamento dei muri a secco posti a contenimento del terrapieno in cima al colle Barbisone. L’impresa è nelle mani di Albino Peli e del Gruppo sentieri, che stanno seguendo le indicazioni del progetto steso dall’Ufficio tecnico del comune di Gussago, condiviso e approvato dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Brescia. Le operazioni, partite nell’ottobre del 2016 avevano interessato inizialmente la porzione del muro in prossimità della santella affrescata da Inganni, parzialmente crollata a causa delle intemperie. Le pietre dell’antico muro furono in parte recuperate durante gli antichi lavori di bonifica del terreno, per trasformare il colle in un giardino adatto alla coltura della vite.
«I lavori che stiamo svolgendo sui muri a secco sono particolarmente importanti – hanno dichiarato i volontari all’opera – perché evitano ulteriori crolli e consolidano il terrapieno. Si tratta di operazioni faticose e di precisione: ogni pietra deve essere posizionata con grande accuratezza, al fine di generare un effetto di coesione totale che rende l’intero complesso murario stabile e solido». Per l’intervento finora sono stati spesi circa 13mila euro, metà di quanto si pensa costeranno alla fine i lavori. Soldi utilizzati per l’acquisto dei materiali, la manodopera sarà invece frutto del buon cuore dei volontari. I muri sono stati costruiti a secco. I blocchi, posizionati a mano con grande abilità in passato, hanno retto per molti secoli ai danni causati dagli agenti atmosferici e saranno ripristinati con la stessa tecnica di allora. «Una scelta fatta per mantenere lo stesso aspetto estetico delle parti sane – ha detto il sindaco, Giovanni Coccoli -, ma soprattutto per ché grazie a questa tecnica lo spazio tra una pietra e l’altra permette all’acqua di drenare». Concluso l’intervento, l’attenzione ricadrà sull’area dei torrioni posti ad est. Federico Bernardelli Curuz
Fonte: Giornale di Brescia