Detto: “…ta spöså, amò, ‘l bìgol dè òio brüzàt!”

…ta spöså, amò, ‘l bìgol dè òio brüzàt!

Nel recente passato transitammo per alcuni modi di dire contradaioli quali: “Quàcc agn ghet nòm”, “Set ‘l bubà dè chi, te?”; ora continuiamo nella nostra semplicità, quella dei cortili del tempo che fu.

Chè cöntèt sö, po’, èdèt miå chè ta spöså, amò, ‘l bìgol dè òio brüzàt! Così in Contrada anche ed ancora ai miei tempi degli anni Sessanta del Novecento. Òio brüzàt; sì quel rimedio che serviva per pulire disinfettare il moncone ombelicale del neonato al momento della nascita, appena staccato/troncato dal cordone materno. Un rimedio medicamentoso, magari dei tempi che furono, comunque efficace. (***)

In Contrada, dicevo, cominciai ad udire questo detto, questa nota con la quale venivano apostrofati ragazzi forse ragazzotti i quali credendo di saperne più degli altri,”saìghèn giönå piö di oter”, forse per sentirsi più grandi/cresciuti (…si fa per dire) non si accontentavano di essere ammoniti con quello più arcaico, ma ben più dolce, “Ardå te Barabå, chè ta tire sö ‘na gambå dè bocå!” ed allora si facevano riprendere, rimproverare con quello più esplicito: Chè cöntèt sö, po’, èdèt miå chè ta spöså, amò, ‘l bìgol dè òio brüzàt! (…cosa racconti, cosa dici, non vedi che ancora di puzza l’ombelico di olio bruciato/esausto), nel senso: ti hanno da poco staccato il cordone ombelicale e disinfettato l’ombelico! Come a dire: “Sei ancora un infante!”, …nonostante avesse, magari, già 15 od anche 17anni! Siamo negli anni ‘50/’60 del 1900.
Il richiamo o rimprovero per l’adolescente – un po’ sbruffoncello – che pensava, …dall’alto della sua età e millantate esperienze, poter già parlare di sessualità, meglio di atti e pulsioni sessuali decantandole pubblicamente …con le parole! Il richiamo alla realtà e ad un fraseggio non solo più corretto e garbato, ma soprattutto più consono alla sua età, gli calava addosso immediato – come una mannaia – da parte di adulti sensati, indipendentemente dal grado di parentela intercorrente. Ciò anche per tutelare la purezza e l’ingenuità di altri ragazzi più piccoli presenti nei giochi di cortile. Più si era “forestieri” del luogo o di quel cortile di Contrada più facile era incappare nel rimprovero o, se vogliamo, far tornare …con i piedi per terra il saccente ragazzotto, pseudo esperto in rapporti amorosi, in realtà millantatore o come si dice, ancora, in dialetto: “èl la cantå altå! Ma…”. Tante volte udii ciò nei miei anni, da zero a diciassette, in quel di Navezze! Analogo comportamento si poteva riscontrare pure nelle restanti Contrade delle distinte quattro Parrocchie gussaghesi.

Anticamente, voglio dire prima del 1817, già si udiva: “No avì gna mò soet (söt) el bigol” [Non aver ancora asciutto l’ombelico]. Bìgol = Ombelico. “Bellìco. Quella parte del corpo donde il fanciullo nel ventre della madre riceve il nutrimento”. (Giovan Battista Melchiori. Vocabolario Bresciano-Italiano. Brescia, 1817; dalla Tipografia Franzoni e Socio)

(***) Alla nascita, il cordone ombelicale, che durante la gravidanza collega la placenta al feto garantendone la nutrizione, viene clampato (pinzato con un morsetto ) a circa 3-4 cm dall’ombelico del neonato e subito dopo viene reciso. Il moncone ombelicale residuo, non ricevendo più sangue, va incontro ad un processo di essiccamento (mummificazione), assume gradualmente un colorito bruno-nerastro e si distacca nel giro di circa 7-14 giorni.
https://www.amicopediatra.it/come-fare-per/come-medicare-il-moncone-ombelicale-del-neonato_igiene_neonato

A cura di Achille Giovanni Piardi

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