Sono iniziate le “feste” a Navezze per San Vincenzo, patrono frazionale.
Mercoledì dopo la S. Messa concelebrata e presieduta da don Daniele Faita – Parroco di San Giorgio in CELLATICA – presente la statua del santo valensiano FERRERI (Vicente Ferrer), momentaneamente detronizzato dalla bellissima soasa ecclesiale in stile fiorentino, acquisita nel 1945, il simulacro è stato recato in processione per la Contrada a partire da Via Carrebbio – zona una volta nota come “Put dè fèr” – per scendere sino in località Fossa facendo poi ritorno, per luoghi ameni, al Campo sportivo di Via Seriola, indi alla sussidiaria chiesa frazionale. Edificio ecclesiastico cui sono affezionati i Navezzesi sin dal lontanissimo 1445, anche se la chiesa attuale è edificio settecentesco. Sino agli anni 60 del Novecento la statua del Santo rimaneva sempre coperta da un drappo di colore scuro; raramente ed eccezionalmente veniva “scoperto”. Solo in casi quali la festa del santo, che cade il 5 d’aprile, oppure per fedeli di Navezze che versavano in grave situazione di salute ovvero pericolo di morte. In quest’ultima occasione si toglieva il drappo che velava il simulacro dandone avviso a tutta la Contrada con particolare rintocco di campane; tutti da detto specifico rintocco comprendevano che in Contrada qualcuno versava grave e le attività per un momento si fermavano e ciascuno faceva osservare all’altro, magari meno attento: “Sito, i desquarcia san Visèn. Ghè argü’ chè sta mal!”. In chiesa poi, sull’altare, lato sinistro, veniva posta la reliquia del santo valensiano tra due candele accese. La campana col particolare rintocco faceva partecipe del dramma di quella famiglia l’intera gente della frazione, chiedendo a tutti di unirsi con la parola o col pensiero, unitamente al cuore, con una prece a Dio – tramite San Vincenzo, taumaturgo – per l’ammalato. Non necessariamente che lo guarisse, ma anche solo perchè Dio – padre di tutti – lenisse le sofferenze dell’allettato grave e le pene dei suoi familiari attorniatiglisi. Insomma, in presenza del dolore si familiarizzava, si solidarizzava, anche se quest’ultima parola era ancora da inventare.
(Un navezzese nato e vissuto in Contrada sino all’età di 17 anni, lasciandola solo il 31 marzo 1965).
Fonte: Achille Giovanni Piardi