Sono in dirittura di arrivo i lavori di ristrutturazione e consolidamento che porteranno alla riapertura, a luglio, dell’Hospice del Richiedei. La struttura sanitaria residenziale tornerà così ad occupare la sua sede originaria nell’antico edificio storico affacciato sull’elegante parco all’interno della proprietà della Fondazione. Le operazioni erano iniziate a novembre del 2015 e avevano comportato il trasferimento del servizio dedicato al ricovero e alla degenza dei malati che necessitano di cure palliative, al primo piano del blocco di riabilitazione cardiologica, sempre all’interno del complesso di edifici che compone l’Ospedale e Casa di Riposo Nobile Paolo Richiedei. I lavori, che inizialmente dovevano essere di manutenzione straordinaria, si sono rivelati più lunghi e complicati del previsto. È stato infatti necessario, in corso d’opera, un intervento di consolidamento conservativo delle solette che sostengono il primo piano del palazzo storico previa autorizzazione della Soprintendenza. Ciò ha causato una dilazione dei tempi.
«Queste operazioni hanno portato ad un ampliamento da 8 a 10 posti letto – ha spiegato il presidente della Fondazione Richiedei, Carlo Bonometti – e abbiamo rimodernato gli ambienti interni, con un occhio anche all’aspetto alberghiero. Intervento reso necessario anche per adeguare gli spazi in base alle prescrizioni in tema di sicurezza degli ambienti che la Asl aveva formulato nel 2011. Siamo ora in attesa dell’autorizzazione dell’Ast di Brescia per poter convenzionare e contrattualizzare i due posti aggiuntivi. L’intervento ripara gli effetti delle mancate decisioni effettuate in passato».
A parlare di un futuro più da protagonista per il Richiedei è stato nelle scorse settimane anche il presidente della Commissione sanità in Regione, Fabio Rolfi. «A decidere i piani saranno i direttori, ma mi piace pensare che il presidio degli Spedali Civili, collegamento con l’ospedale per acuti e la riabilitazione, punto di riferimento territoriale per la cronicità, possa essere individuato nel Richiedei di Gussago. Un’ipotesi che – spiega Rolfi – permetterebbe al Civile di avere una struttura che si è occupata di malattie croniche e anziani e che consentirebbe di restituire un ruolo significativo ad una realtà da anni in sofferenza».
Federico Bernardelli Curuz
Fabio Rolfi, presidente Commissione Sanità, non esclude una diversa organizzazione delle Asst
Nessun ospedale chiude, ma la composizione delle Aziende sociosanitarie territoriali (le storiche aziende ospedaliere, per intenderci) potrebbe ancora cambiare. La riforma della sanità lombarda, approvatalo scorso anno, apre una finestra, consentendo modifiche sostanziali entro la fine di giugno.
Un’opportunità «da cogliere», secondo Fabio Rolfi, leghista neo presidente della Commissione Sanità del Consiglio regionale. «Ad esempio – spiega – il presidio di Montichiari, che attualmente afferisce all’Asst degli Spedali Civili, sarebbe più logico diventasse parte dell’Asst del Garda, perché già si trova su quel territorio. Che fare delle specialità che sono proprie del Civile, come la salute mentale, ad esempio? Nulla vieta di sottoscrivere una convenzione tra aziende, senza spostarle. Lo stesso per il presidio di Manerbio-Leno, attualmente riferimento dell’Asst del Garda, che potrebbe divenire presidio dell’Asst della Franciacorta, già azienda ospedaliera Mellini di Chiari».
Ipotesi, sulle quali il neopresidente della Commissione Sanità invita a ragionare, dal momento che si deve mettere mano all’allegato sul territorio entro la fine di giugno. «Credo sia opportuno aprire un dibattito in Commissione, tenuto conto che la legge non attribuisce alle Asst un territorio esclusivo, ma per funzioni» continua Fabio Rolfi. Dunque, «apre» sulla futura composizione delle tre aziende sociosanitarie territoriali che fanno riferimento all’Agenzia di tutela della Salute di Brescia (ex Asl), ma ritiene «improbabile» una «riflessione» sull’Asst della Valcamonica, di Esine, che fa parte dell’Ats della Montagna che ha sede, invece, a Sondrio.
«In questo caso, si tratta di una sperimentazione, che ritengo molto interessante, in un territorio come quello della Valcamonica e della Valtellina, che ha una sua omogeneità. Una realtà che deve essere considerata scavalcando la dimensione provinciale – spiega -. Prima di pensare ad eventuali modifiche, attenderei i risultati dell’applicazione della legge, valutando eventuali criticità nei servizi erogati alla popolazione. Al momento, la decisione di cambiare sarebbe prematura e non spinta da dati oggettivi, ma solo da ragioni politiche». Poi, entra anche nel merito dei piani organizzativi che le Asst dovranno presentare in Regione entro l’estate, «primo elemento concreto e apprezzabile in cui verranno declinati i principi della legge di evoluzione del sistema sociosanitario regionale», afferma.
«È evidente che i piani saranno frutto del lavoro e delle valutazioni dei direttori generali e dei loro più stretti collaboratori – aggiunge -. Tuttavia, nella logica dell’applicazione della legge, mi piace pensare che il Pot (presidio ospedaliero territoriale) degli Spedali Civili, diretto collegamento con l’ospedale per acuti e la riabilitazione, punto di riferimento territoriale per la cronicità, possa essere individuato nel Richiedei di Gussago, che si trova in un territorio orbita del Civile. Un’ipotesi che, da un lato, permetterebbe al Civile di avere una struttura che storicamente si è occupata di malattie croniche e cura degli anziani; dall’altro, consentirebbe di restituire un ruolo significativo ad una realtà da anni in sofferenza».
Per il Garda (Desenzano), il presidio ospedaliero territoriale potrebbe essere – per Rolfi -, quello di Leno. «Una grande sfida,con la Regione disposta a finanziare un’adeguata ristrutturazione». E per l’Asst della Franciacorta, la carta da giocare è il presidio di Orzinuovi, oggetto di recente finanziamento. Conclude: «Siamo in una fase di passaggio molto delicata, che richiede un’accurata valutazione per ridefinire il ruolo di alcuni ospedali più piccoli, certi che qualche specialità sul territorio sia necessario mantenerla, ma che qualità e appropriatezza impongono di concentrare le prestazioni di alta specialità in pochissimi ospedali di riferimento».
Anna Della Moretta
Fonte: Giornale di Brescia