La giovane Venturelli di Gussago, insieme alla guida alpina Enrico Bonino, ha tracciato da poco la «An ice surprise», nella Combe Maudite del Massiccio.
Porta la firma di una giovane alpinista bresciana uno dei nuovi e difficili itinerari aperti da poco nel gruppo del Monte Bianco. Protagonista di questa scalata è Giulia Venturelli, nata a Brescia nel 1990 e residente a Gussago. Lo scorso mese di luglio ha conseguito la laurea in scienze del servizio sociale e si è successivamente iscritta all’albo degli assistenti sociali, ma quello che la impegna con assiduità è l’alpinismo praticato in tutte le sue forme. I riflettori del grande palcoscenico della montagna hanno iniziato da tempo a puntare verso di lei grazie ad alcune prestigiose realizzazioni. Quella da poco conclusa nella Combe Maudite, una porzione del massiccio del Monte Bianco dove non mancano le pareti celebri e dalla quale partono itinerari prestigiosi, è stata condivisa con la guida alpina Enrico Bonino. Il difficile itinerario è stato tracciato alternandosi al comando della cordata, mettendo ciascuno a disposizione la propria esperienza e capacità di progredire su roccia, ghiaccio e neve, su terreno sconosciuto e difficile, che ha richiesto impegno mentale oltre che fisico e si è concluso nel buio più totale. «An ice surprise» – questo il nome della nuova via tracciata – è solo la più recente delle belle storie verticali che Giulia può raccontare.
La sua passione per la montagna nasce fin dalla più giovane età: condividere il cammino con i familiari le consente di muovere i primi passi sui sentieri in sicurezza, mentre la compagnia dei cugini favorisce la condivisione di fatica e divertimento. «Le prime esperienze le ho vissute con mio papà e i suoi pazienti amici», racconta Giulia, «poi ho frequentato un corso con la società Ugolini e infine per un anno e mezzo è stato un mio mentore Beppe Chiaf: quello che sono ora lo devo in parte anche a lui». Chiaf, accademico del Cai, è deceduto nel 2011 sulla parete nord del Cervino, ed è stata una delle personalità di maggiore spicco dell’alpinismo bresciano. È in quest’ambito privilegiato che maturano le prime escursioni di Giulia sui ghiacciai e la salita delle prime importanti cime: Adamello, Presanella, Cevedale, Monte Rosa, Gran Zebrù, Carè Alto. Il fascino per la montagna si consolida, gli orizzonti si allargano, le modalità per realizzarsi seguono strade diverse ma convergenti nel solco di una passione che continua a crescere. «Mi piace vivere la montagna in tutte le sue dimensioni: scalare cascate di ghiaccio, vie di roccia e su terreno misto, arrampicare nelle falesie, percorrere creste. Cerco di seguire le stagioni e di assecondare l’istinto e la voglia, perché non tutti i giorni sono uguali». E poi ancora: «Ci sono periodi in cui ho voglia d andare in montagna, fare lunghi avvicinamenti, portare zaini pesanti, battere la traccia nella neve, scalare, bivaccare e fare quel genere di fatica che potremmo definire alpinistoide. Altre volte ho bisogno del semplice contatto con la roccia, scalare senza zaino fluida e libera vie lunghe, belle e di roccia sana, altre ancora arrampicare in palestra chiacchierando con gli amici. Cerco sempre di andare dove mi porta il cuore, compatibilmente con le condizioni meteorologiche e la presenza di compagni».
È il racconto di una passione sincera e limpida, lontana da qualsiasi retorica di conquista, spalancata sul piacere personale di prendere contatto, nell’azione, con la magnificenza degli ambienti alpini. I piaceri della scalata, e più in generale della montagna, potrebbero diventare un giorno un ambito di impegno professionale. Giulia è infatti attualmente impegnata con il corso di aspirante guida alpina, per acquisire le basi necessarie per proporsi come accompagnatrice qualificata di altri alpinisti e di altri sogni. Le zone che Giulia ama maggiormente sono quelle del Monte Bianco, dell’Adamello e delle Dolomiti di Brenta. Tra le vie di roccia importanti che ha salito c’è la Hasse-Brandler sulla Cima Grande di Lavaredo, Tempi moderni sulla parete sud della Marmolada, il pilone centrale del Freney (teatro della tragedia che ha avuto tra i protagonisti Walter Bonatti), e poi ancora Groucho Marx sulla parete est delle Grandes Jorasses (prima ripetizione italiana e femminile) e Voyage selon Gulliver sul Grand Capucin. Tra le vie di misto annovera la salita delle pareti nord del Cervino, dell’Adamello, delle Grandes Jorasses e della Tour Ronde, oltre ad altri impegnativi canali incassati tra le pareti nel gruppo del monte Bianco. Non mancano le scalate su difficili cascate di ghiaccio, tra le quali Crack Baby in Svizzera e la gigantesca e impressionante candela di Damocle in Val Brembana,sulla quale nel 2013 ha portato a termine la prima salita femminile.
Ruggero Bontempi
Fonte: Giornale di Brescia