Alla scuola media di Gussago una testimonial d’eccezione per l’apertura del concorso letterario «Giorgio Sbaraini» dedicato quest’anno agli atleti disabili. Sette anni fa ha perso le gambe, oggi è primatista italiana dei 100 metri. La storia di Giusy Versace: «L’atletica mi ha aiutato a rimettermi in piedi».
Giusy Versace parla ai ragazzi delle scuole medie di Gussago e nessuno fiata. Sono tutti incantati, intontiti ed emozionati dal suo racconto strabiliante, autentico, per certi versi sconvolgente. È una storia di sofferenza, di sport e di vita. Una storia incredibilmente vera e umana, come quelle che sulle colonne di Bresciaoggi ha raccontato per anni Giorgio Sbaraini.
Nel ricordo di «Jos», e con lo stimolo delle parole della Versace, gli studenti di Gussago dovranno ora provare a tradurre quelle due ore d’emozione in un racconto scritto o in una composizione artistica. Parteciperanno al terzo concorso letterario che il «Giornale del Gussago Calcio» ha inventato per loro dedicandolo alla memoria di Giorgio Sbaraini. Si concluderà ad aprile e premierà il racconto e l’opera d’arte migliori.
La presenza di Giusy Versace a Gussago è motivata dal tema del concorso: «Quando lo sport aiuta a superare la disabilità. Lo sport: carta vincente per rimettersi in gioco, nonostante le avversità della vita». E la Versace di avversità ha dovuto affrontarne a centinaia negli ultimi sette anni. Oggi è una campionessa di atletica, è la prima donna in Italia che corre dopo l’amputazione di entrambe le gambe; corre come il vento, macina chilometri e ottiene record su record (suo il primato italiano e quello europeo sui 100 metri).
La nuova vita è iniziata sette anni fa. «Tutto è successo il 22 agosto del 2005 – racconta lei -. Ero in macchina, in giro per lavoro in autostrada. Ci fu un acquazzone improvviso. Nonostante andassi piano e fossi prudente l’auto ha fatto acquaplanning e ha urtato un guardrail. Nello scontro i bulloni che lo reggevano hanno ceduto: è entrato in macchina e mi ha tranciato le gambe». Da lì il dramma. «È stato un momento terribile ma determinante – ricorda -. Con la forza di volontà mi sono slacciata la cintura di sicurezza e mi sono trascinata fuori dall’auto. Poi ho iniziato a pregare che qualcuno mi vedesse e mi soccorresse». Così è stato. «Qualcuno ha sentito le mie preghiere: ho avuto salva la vita ma ho perso per sempre le mie gambe».
I mesi successivi sono stati i più duri: il dolore, l’ospedale, il recupero, il dramma, la rabbia. «C’era sempre gente attorno a me – racconta -. Io non volevo nessuno, volevo rimanere sola con il mio handicap. A volte avrei buttato tutti fuori. Oggi invece mi rendo conto che quelle presenze mi hanno salvato. Se fossi rimasta sola probabilmente non avrei superato i miei problemi».
Poi la riabilitazione. «Un addestramento quasi militare per imparare a camminare – assicura -. Sono stata in un centro protesi a Bologna, lo stesso che ha rimesso in piedi Alex Zanardi – simbolo della vita oltre l’handicap -. Lì ho capito che di fronte al dolore non c’è distinzione. Siamo tutti uguali. Se ti vuoi rialzare in piedi non conta il tuo nome o la tua posizione sociale. Sei solo con quello che hai dentro». Lo sport ha fatto il resto. «Due anni fa un tecnico che costruisce protesi mi scherzava per il mio modo di camminare – dice -. Io gli ho dimostrato che non solo so camminare bene, ma so anche correre e vincere. Ho iniziato a praticare l’atletica leggera inizialmente come svago. Poi sono arrivati i risultati. In due anni ho vinto tante gare, fatto due record e conquistato la qualificazione per le Paralimpiadi».
A Londra però non ci è mai andata. «Mi hanno messa come riserva, ma questa è un’altra storia – sorride -. L’aver conquistato quel traguardo è stato per me già sufficientemente soddisfacente». Ora Giusy è un esempio di coraggio e di voglia di vivere, oltre che un meraviglioso manifesto per lo sport. I bambini delle medie di Gussago hanno imparato da lei il significato della sofferenza, certo, ma anche del riscatto, del coraggio, dell’ostinazione. Ora dovranno tradurlo in un tema, rubando magari un po’ della saggezza e della finezza stilistica dell’indimenticato e indimenticabile Giorgio Sbaraini. Lui, da lassù, li guarderà e sorriderà.
Alberto Armanini
Fonte: Bresciaoggi