Quattrocentesca è la casa “La Begia” (si trova in via Inganni a Gussago) costruita dagli Averoldi, che è, a detta di F. Lechi, fra le più interessanti del nostro quattrocento.
La casa, scrive il Lechi, presenta un portico basso perchè il pilastro in pietrame è corto e dopo poco più di un metro di fusto ha inizio l’attacco dell’ampio arco a tutto centro. E’ necessario questo senso di forza per sostenere la prima loggia che è formata da archi ogivali in numero doppio di quelli del portico, ma alti e snelli, quanto i primi sono tozzi, per sostenere ancora “la baltresca” che giunge sotto la gronda del tetto con pilastrini in cotto che ripetono il ritmo di quelli del pian terreno. Il portico presenta una certa varietà nelle aperture che denotano le modifiche apportate nei secoli. Sul lato corto di sera si apre il pozzo, nobilitato da una cornice del Cinquecento, di fronte nel lato di mattina sale la vecchia scala, modesta, rudimentale a chiocciola, simile a tante altre coeve. Le finestre danno luce ad ampi locali; in uno di essi, la caminada, vi era un bel camino in pietra con modiglioni a zampa di leone, oggi trasferito nella villa Togni, già Averoldi e Raccagni. Da questo locale, che ha al centro una colonna a sostegno della lunga trave centrale, si diparte un scala di legno recentemente costruita per le esigenze di oggi. Essa è stata costruita con le ancore sanissime roveri di travature recuperate da antichi edifici di Brescia distrutti nei bombardamenti del 1945, è una copia di una simile scala esistente nella Cà d’Oro a Venezia.
Al piano superiore la loggia è tutta aperta: non si può capire se un tempo vi fosse, come supponiamo, il soffitto a travetti per dividere la galleria stessa dalla baltresca sovrastante, come d’uso. Oggi si scorge scoperta la rustica travatura del tetto. Le sale che si affacciano sulla loggia erano molto adornate perché si trattava dell’appartamento di rappresentanza.
Incominciando da ponente vi è una sala sulle pareti della quale si scorgono tracce di affreschi monocromi del secolo XVI; erano otto pannelli e rappresentavano Apollo con vari musici, di modesta fattura. Questo è quanto affiora sotto lo strato di calce. Sul camino lo stemma di famiglia con contrassegni della dignità di vescovo. Dopo questo, altri due vasti ambienti: il grande salone con le pareti affrescate e un’altra sala. Su tutti i soffitti in legno a grandi travi, cordonate ornate da tavolette dipinte, con fregi, stemmi, animali e teste umane, in maniera ancora molto semplice e modesta. Anche questo è un elemento che può convincere a determinare la data di costruzione nella prima metà del secolo XV (Quattrocento). L’ultimo locale verso mattina , ricavato in un corpo aggiunto in epoca più tarda, alterato in piccoli scomparti, porta sulle pareti tracce di affreschi cinquecenteschi monocromati.
Fonte: Enciclopedia Bresciana