Il 31 maggio ricorre l’anniversario dell’Apparizione della Madonna della Stella, avvenuta, secondo la tradizione orale, il 31 maggio 1536.
Dal cielo e dal basso appare veramente una fortezza, lo fu e cosi apparve anche durante il periodo dei sorvoli delle fortezze volanti, cariche di morte, dirette al nodo ferroviario cittadino…; una “Fortezza”, sì, ancorata ai tre bracci uncinati dell’ancora della “Speranza”, simbolo più volte rappresentato all’interno, anche all’altare detto dei Santi Patroni Bresciani, Faustino e Giovita, ed ai simboli delle altre due virtù teologali: la madre con due bambini, per la “Carità”; il calice del Divin Sacrificio, per la “Fede”. Una fortezza, come forte e con decisa Fortezza è sempre stato l’attaccamento alla Madonna della Stella da parte delle popolazione appollaiate ai suoi piedi e sui pendii del Colle. “(…). Gussago tua Vergine bella t’invoca sempre amica stella! Stella nel buio dei suoi dolor, stella sul Colle, stella nel cor!” recita, a conclusione, la specifica Canzone di devozione mariana.
Quella Fortezza del cuore, dell’anima, quella con la “F” maiuscola, una delle quattro virtù cardinali. «Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,8). La virtù è una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Essa consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. Con tutte le proprie energie sensibili e spirituali la persona virtuosa tende verso il bene; lo ricerca e lo sceglie in azioni concrete: «Il fine di una vita virtuosa consiste nel divenire simili a Dio». Le virtù umane sono attitudini ferme, disposizioni stabili, perfezioni abituali dell’intelligenza e della volontà che regolano i nostri atti, ordinano le nostre passioni e guidano la nostra condotta secondo la ragione e la fede. Esse procurano facilità, padronanza di sé e gioia per condurre una vita moralmente buona. L’uomo virtuoso è colui che liberamente pratica il bene. Le virtù morali vengono acquisite umanamente. Sono i frutti e i germi di atti moralmente buoni; dispongono tutte le potenzialità dell’essere umano ad entrare in comunione con l’amore divino. Le quattro virtù hanno funzione di «cardine». Per questo sono dette «cardinali»; tutte le altre si raggruppano attorno ad esse. Sono: la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza. «Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Essa insegna infatti la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza » (Sap 8,7). (…).
La prudenza è la virtù che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo. L’uomo «accorto controlla i suoi passi» (Prv 14,15). (…). L’uomo prudente decide e ordina la propria condotta seguendo questo giudizio. Grazie alla virtù della prudenza applichiamo i principi morali ai casi particolari senza sbagliare e superiamo i dubbi sul bene da compiere e sul male da evitare.
La giustizia è la virtù morale che consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto. La giustizia verso Dio è chiamata «virtù di religione». La giustizia verso gli uomini dispone a rispettare i diritti di ciascuno e a stabilire nelle relazioni umane l’armonia che promuove l’equità nei confronti delle persone e del bene comune. L’uomo giusto, di cui spesso si fa parola nei Libri Sacri, si distingue per l’abituale dirittura dei propri pensieri e per la rettitudine della propria condotta verso il prossimo. « Non tratterai con parzialità il povero, né userai preferenze verso il potente; ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia » (Lv 19,15). « Voi, padroni, date ai vostri servi ciò che è giusto ed equo, sapendo che anche voi avete un padrone in cielo » (Col 4,1).
La fortezza è la virtù morale che, nelle difficoltà, assicura la fermezza e la costanza nella ricerca del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale. La virtù della fortezza rende capaci di vincere la paura, perfino della morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni. Dà il coraggio di giungere fino alla rinuncia e al sacrificio della propria vita per difendere una giusta causa. « Mia forza e mio canto è il Signore » (Sal 118,14). « Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo » (Gv 16,33).
La temperanza è la virtù morale che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati. Essa assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà. La persona temperante orienta al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non segue il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio cuore. (…). Nel Nuovo Testamento è chiamata « moderazione » o « sobrietà ». (…).((Catechismo della Chiesa Cattolica. Capitolo primo. La dignità della persona umana. Art. 7 – Le virtù. Nn. dal 1803 al 1809)).
Se in tutto ciò vi è l’aiuto, quale sicuro rifugio, della Madonna della Stella possiamo pensare di farcela, come da sempre vi sperarono, convinti, i nostri padri. Padri che pur nelle ristrettezze economiche del loro tempo, quasi cinque secoli, mai dimenticarono la carità: l’unica che non muore. “Il 31 maggio 1536, in piena ribellione protestante, la Madonna chiedeva a un contadino che pascolava la sua mandria di mucche, sul colle “in Selva” un tempio in suo onore. Una stella con i suoi raggi disegnava sul terreno il perimetro del Santuario richiesto da Maria SS. Da quel giorno la collina si chiamò “della Stella”. La popolazione dei tre paesi (S. Vigilio, Cellatica e Gussago) i cui confini si incontravano sulla sommità della collina decisero di costruire il Santuario in onore di Maria Santissima. (…)”. (1) . Il pastore -contadino è Antonio de Antoni di Gardone Val Trompia, che pascolava le bestie per conto di Bonomo Bonomi.
Il Santuario ebbe alterne vicende e dopo una chiusura di circa cinquant’anni durata sino al 1958: “vi veniva celebrata solo una Messa domenicale da uno dei sacerdoti delle tre parrocchie patrone” (1) (S. Vigilio, dei Santi Virgilio e Gregorio Magno; Cellatica, del Santo Giorgio e Gussago, di S. Maria Assunta) “quando venne nominato Rettore Don Faustino Negrini, arciprete di Torbole Casaglia, che morì a 95 anni nel 1980 dopo ben 32 anni di rettorato. Don Negrini ebbe il grande merito di iniziare il restauro del Santuario ridotto in condizioni pietose dopo tanti anni di incuria. Lo riapri al culto quotidiano e lo servì con fede. Visse in esemplare povertà nella canonica priva dei servizi più elementari”.(1). Il sacro edificio fu successivamente, post 1980, restaurato nel periodo del Rettore Don Pasini e nuovamente, in questi ultimissimi anni, da Don Renzo Delai – Rettore dal 2005, dopo Don Federico Festa, i cui lavori sono in parte ancora in corso.
“Nel 1972, dopo una lunga trattativa tra i parroci delle tre parrocchie compatrone e la Curia fu steso uno statuto nel quale si affermava l’interparrocchialità del santuario (spirituale, disciplinare ed economica) ai tre parroci e del Rettore. Il Vescovo del tempo, Mons. Morstabilini – bergamasco, si augurava, nello statuto, che i tre i tre parroci fossero affiancati da tre laici in rappresentanza dei tre comuni (possibilmente i tre Sindaci). Nel 1980 venne nominato Rettore Don Mario Pasini, direttore della rivista ‘Madre’. In tale occasione i tre parroci dei Comuni, rifacevano lo statuto ed escludevano definitivamente dalla gestione del Santuario i laici. Il nuovo Rettore (Don Mario Pasini) firmava lo statuto esprimendo, in una postilla scritta in calce al documento, il suo rammarico per l’esclusione dei laici in contrasto con la tradizione secolare del Santuario e lo spirito del Concilio Vaticano II che ha chiamato i laici ad una più attiva partecipazione alla vita ecclesiale. Don Pasini tentò (…di fatto) di ripristinare l’attiva partecipazione dei laici alla vita del Santuario con due (brillanti) iniziative: A) La costituzione dell’Associazione Amici del Santuario della Stella per sostenere l’opera del Rettore del Santuario nelle attività culturali, caritative, artistiche. L’Associazione che ha avuto il riconoscimento del Vescovo Mons. Foresti nell’ultimo Statuto del Santuario, ha raccolto ben 1.700 soci (…). B) La creazione di una società finanziaria di gestione delle iniziative del Santuario per i servizi esterni (SO.GE.STE. S.r.l.): con i grandi parcheggi; la casa Odino Buttarelli con Villetta e vigneto adiacente; Via Crucis monumentale nel bosco retrostante al Santuario; museo mariano (con riproduzione fotografica dei 100 capolavori della pittura di tutti i secoli sulla Madonna), ecc. Il grave incidente stradale occorso a Don Pasini nel febbraio 1985 mentre dal Santuario rientrava in città e che lo ha ridotto in carrozzella, ha portato alla liquidazione della società alla quale avevano aderito con entusiasmo numerosi fedeli”. (1)
Siamo giunti al 1986 quando viene nominato Rettore Don Federico Festa “che ha continuato il completamento delle opere: pavimentazione in pietra del Sagrato davanti al Santuario, (…) nuovo restauro del quadro (tela) del Romanino e restauro del quadro dell’altare di sinistra (detto della ‘Porziuncola’), basamento in marmo per la statua di Papa Paolo VI (opera dello scultore Minguzzi) trasferita dalla parete (esterna) est del Santuario alla piazzetta”(1), dove oggi si trova.
Come si evince sin qui, dobbiamo giungere alla conclusione che, veramente, si tratta di un “Santuario diviso in tre”. Un Santuario con una sua storia particolarissima, senza dubbio unica nel panorama dei tanti santuari dedicati alla Vergine Maria.
L’apparizione che originò il Santuario avvenne sulla sommità di della collina “dove si incontrano i confini delle tre comunità parrocchiali che lo costruirono e lo gestirono nel corso dei secoli: S. Vigilio, Cellatica, il paese che si adagia ai piedi della collina su cui sorge il Santuario e Gussago. (…)”. Nelle antichissime intenzioni dei fondatori il Santuario avrebbe dovuto essere espressione di unitarietà della fede delle tre comunità, pur nella loro diversità caratteriale: “in realtà è stato perenne fonte di discordie, sia pure causate dal desiderio di ogni comunità di essere ‘unica patrona’ del Santuario. La vicenda è stata complicata dalla ubicazione del complesso del Santuario che appartiene ‘catastalmente’ un pezzo a ognuno dei tre Comuni”, intendendo per la frazione San Vigilio quello di Concesio. In effetti “il Santuario con il sagrato e la piazzetta è segnato sui mappali del comune di Concesio. La canonica e il giardino sotto il muraglione di sostegno del sagrato sono sui mappali di Cellatica, mentre la strada che inizia la salita e la grande scalinata di accesso sono di Gussago”. Per complicare ulteriormente la situazione risulta che “sulle mappe militari il Santuario anziché a Concesio è assegnato a Gussago (tanto che per l’ordine pubblico ancora oggi (1994) il Santuario dipende dai carabinieri di Gussago”.
“L’emulazione tra i tre paesi (…o Parrocchie) non ha portato a frutti positivi: il risultato è che, a causa di questi contrasti, il Santuario venne praticamente abbandonato a se stesso, e chiuso nella prima metà del secolo XX (dal 1912 al 1958). In pratica il famoso diritto di “giuspatronato” si è annullato e oggi (Ndr. gli autori si riferiscono al 1994) i laici sono stati praticamente estromessi dalla gestione del Santuario, ripresa in mano dal Clero delle tre parrocchie patrone, che a sua volta, per mancanza di coordinamento, non ha più nessuna parte nella vita del Santuario. Fedeli al Santuario sono rimaste le popolazioni della zona”. Popolazioni che veramente hanno dimostrato di essere prudenti, giuste, forti e temperanti; non così altri.
Nel ricordo di colui che qui oggi, 2015, scrive sono rimaste le solenni festività dello 8 settembre, “Natività di Maria Vergine”, a cura di ciascuna delle parrocchie patrone con turnazione triennale; si andava alla madonna della Stella, sempre e comunque, ogni 8 settembre, ma ben chiaro è il giorno festante in cui “toccava” a Gussago (Santa Maria Assunta) l’onere delle celebrazioni e la loro completa organizzazione. Lungo le contrade, soprattutto a Navezze negli anni dal 1954 al 1965 per chi ivi dimorava, si udiva: “andiamo alla Stella, quest’anno tocca a noi!”. Così fu che l’avvicendamento organizzativo triennale continuasse sino, almeno, agli anni Settanta del Novecento. L’incontro della popolazione gussaghese per la festa della Natività di M.V. era, a diverso titolo, motivo d’incontro delle famiglie; ve ne erano molte, ma di almeno due (A. B.- A. P.) era l’annuale circostanza per riunirsi, anche convivialmente attorno ad un fumante spiedo. Quanti giovanotti hanno conosciuto alla Stella la futura sposa!; sposa nata sotto una buona stella quella della Madonna sul colle. Incontri fruttuosi aiutati dal pellegrinante cammino di andata e di ritorno in gruppi familiari. Forse questi momenti e tempi torneranno, forse non subito, forse non da questo prossimo 8 settembre 2015; speriamolo a partire dal 31 maggio del prossimo anno 2016: 480° dell’Apparizione.
(1). Mario Pasini; Pier Virgilio Begni Redona.“Il Santuario Madonna della Stella”. Associazione “Amici del Santuario della Stella”. Editrice La Rosa. Settembre 1994.
A cura di Achille Giovanni Piardi
Per approfondire:
– Ricostruzione Storica