Maxi frode internazionale: i coniugi di Gussago finiscono di nuovo nei guai

Euro sequestrati

L’indagine, su un giro di denaro riciclato, è vicentina, ma su 16 indagati 9 sono bresciani e su 13 arrestati 6 vivono in provincia di Brescia. Due di loro sono già venuti alla ribalta delle cronache per un’inchiesta sfociata nella condanna di entrambi a 4 anni di carcere, confermata recentemente in appello: si tratta di Giuliano Rossini e della moglie Silvia Fornari, entrambi in carcere. Coinvolto, tanto nell’inchiesta bresciana quanto in quella berica, anche il loro figlio Emanuele. Il gip del tribunale di Vicenza ha disposto il carcere per i genitori, i domiciliari per il figlio. Carcere anche per il bresciano Maurizio Ceretti e, sempre per quanto riguarda la provincia di Brescia, domiciliari anche per Gianluca Dolci e Giuliano Paganotti.

L’operazione rappresenta l’epilogo di complesse investigazioni svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Vicenza, su delega della autorità giudiziaria berica, che hanno consentito di disarticolare un’associazione per delinquere operante tra Vicenza, Padova, Verona, Brescia, Mantova, Milano, Prato, Chieti e Roma, con collegamenti in Germania, Slovenia e Repubblica Popolare Cinese, composta da 16 persone (3 vicentini, 9 bresciani, 2 cingalesi e 2 cinesi).

L’indagine è stata avviata dalle Fiamme Gialle grazie all’acquisizione sul territorio di informazioni nei confronti di un 51enne originario di Arzignano sospettato di svolgere l’attività di «money mule o spallone» ovvero di trasportare contanti, frutto di frode fiscale, da e verso l’estero. I servizi di osservazione e pedinamento hanno consentito di monitorare frequenti viaggi in auto del sospettato verso la Slovenia, dove l’indagato si fermava per circa un’ora per poi far rientro in Italia. Attraverso le successive attività d’intercettazione telefonica, telematica e ambientale, lo svolgimento di indagini bancarie e riscontri operativi eseguiti nel Centro e Nord Italia, è stata ricostruita l’operatività dell’intero gruppo criminale, che aveva al vertice l’arzignanese operativo nella piazza vicentina, coadiuvato dai due coniugi bresciani operativi nella piazza bresciana, nonché da ulteriori 11 complici addetti al trasporto del denaro contante.

Secondo le ricostruzioni degli investigatori, i contanti trasportati dall’estero verso l’Italia e viceversa in appena un anno e mezzo, attraverso ben 556 «viaggi», ammontano a circa 110 milioni di euro provenienti da frodi fiscali realizzate da società dedite prevalentemente al commercio di materiali ferrosi. In particolare, attraverso due società «cartiere» con sede rispettivamente a Brescia e a Roma, venivano emesse fatture false volte a dare copertura documentale agli acquisti in nero effettuati da 25 società clienti con sedi nelle province di Vicenza, Verona, Rovigo, Brescia, Mantova, Bolzano, Alessandria, Roma, Milano e Torino.La banca cineseI clienti saldavano le fatture false con bonifici ai «fornitori/cartiere», che a loro volta bonificavano il denaro ricevuto a favore di società estere: una società di Honk Kong e una società belga. Il denaro inviato all’estero veniva successivamente restituito ai clienti italiani – al netto delle commissioni medie spettanti all’organizzazione pari circa all’1,5% delle somme movimentate – attraverso l’utilizzo di uno «sportello bancario abusivo» della «China underground bank», un vero «circuito bancario informale e segreto» con numerose «filiali» sparse sul territorio nazionale. I contatti con l’intermediario cinese venivano tenuti esclusivamente dai vertici: il 51 enne arzignanese e i due coniugi di Gussago.
Mario Pari

E i coniugi di Gussago finiscono di nuovo nei guai

Era il settembre del 2022 quando un giardino di Gussago iniziò a germogliare contanti. Alla fine furono 15 i milioni di euro scoperti da guardia di finanza e carabinieri nelle proprietà riconducibili ai coniugi Giuliano Rossini e Silvia Fornari. Entrambi sono attualmente in carcere.

Nei giorni scorsi è stata confermata la condanna, per entrambi, a quattro anni di carcere. Condanna ritenuta troppo bassa dalla procura di Brescia e che quindi era stata impugnata in appello. C’era già un ricorso in appello, da parte di un imputato e per questo la procura ha dovuto ricorrere in Cassazione. Ma la Suprema corte ha stabilito che fosse la corte d’Appello di Brescia a doversi pronunciare sull’ammissibilità o meno del ricorso. E proprio nei giorni scorsi i giudici di secondo grado hanno stabilito l’inammissibilità del ricorso degli inquirenti bresciani. Condannati, nell’ambito del medesimo procedimento, sono stati anche Emanuele Rossini, figlio della coppia, e Marta Fornari, sorella di Silvia. Per loro la pena è di 3 anni e 10 mesi. Stessa pena anche per Carlo Paganotti. Per Marco Pesenti e Michele Logiudice, rispettivamente, condanne a due anni e otto mesi e a due anni.

Alla scoperta dell’enorme quantità di denaro nascosta tra terreni e abitazioni si arrivò dopo l’esecuzione delle misure cautelari. Anche in quell’occasione si ricorse ai cash dog, i cani specializzati nel ritrovamento dei contanti. E per loro il lavoro certamente non mancò. Ma il ritrovamento del denaro fu solo uno dei momenti giunti verso la fine delle indagini, che avevano consentito di scoprire la maxi frode. Sulla base delle stime degli investigatori l’attività illegale degli imputati consentì di frodare il fisco per 90 milioni con fatture false per 500 milioni di euro. Secondo la ricostruzione accusatoria, ripresa nell’ordinanza Giuliano Rossini e Silvia Fornari «hanno rappresentato la mente organizzativa del gruppo criminale nonché i principali beneficiari della frode fiscale posta in essere». I due, è scritto, «gestiscono le ditte e le società cartiere» occupandosi «della creazione delle fatture per operazioni inesistenti e dei rapporti con i fornitori, gli autotrasportatori e i clienti, coadiuvati da persone di fiducia». Parole che evocano quanto emerso in queste ore dall’inchiesta vicentina. In quel caso però soldi in qualche giardino non sarebbero stati trovati, nonostante le perquisizioni abbiano portato al sequestro di 1.500.000 euro, a quanto si è appreso in lingotti d’oro. È inoltre evidente che l’attività illegale contestata ai due coniugi e al figlio sarebbe stata posta in essere prima del settembre 2022, quando vennero eseguite le misure cautelari. Questo, se troverà conferma negli sviluppi delle indagini, incrementa ulteriormente il giro illegale di denaro da parte di madre, padre e figlio. E ovviamente non solo il giro illegale. Mentre per padre e madre è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per il figlio il gip ha deciso i domiciliari. Nelle prossime ore saranno sottoposti all’interrogatorio di garanzia e potranno fornire la loro versione dei fatti o avvalersi della facoltà di non rispondere, com’era successo in occasione dell’interrogatorio a Brescia, nel settembre 2022. I due coniugi si erano limitati a rilasciare dichiarazioni spontanee. Ora questa nuova inchiesta e l’ulteriore conferma che la provincia di Brescia, purtroppo, esporta anche queste frodi.
M.P.

Fonte: Bresciaoggi

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