
Rasegòt e chi faceva, di mestiere, èl Rasighì.
Rasighì: comunemente s’intende(va) una piccola sega a mano, meglio detto saracco o gattuccio. (Se a Gussago veramente si avvierà il museo della Civiltà contadina, lo rivedremo …ancora).
In realtà il Rasighì o fare “èl Rasighì” era una professione, perlomeno un mestiere e non degli ultimi. Qui nella foto vediamo due Rasighì che usando una sega particolare, “rasegòt”, da condurre in due uomini ed armoniosamente, segano un tronco d’albero. Un tronco d’albero posto sopra la “cavra” o “cavrèta”, un solido trespolo con gambe incrociate a X unite da traversi orizzontali, uno (o due) all’altezza dell’incrocio delle due ics (gambe) ed altri due, uno per lato (più leggeri), all’altezza del piede. Il tronco da segare veniva appoggiato sulle due forcelle ad X e manualmente fatto avanzare mano a mano che si operava, dopo ogni taglio.
I “Rasighì” sapevano far ben altro con l’uso della “rasega” e con il “rasegòt”, non si limitavano certo a segar a pezzi, più o meno grossi, i tronchi da poi spezzare, “s-cepà”, per il forno del pane, il fuoco o la stufa; facevano ben altro, sapevano, infatti, segare il tronco in forma longitudinale creandovi assi, più o meno spesse, bordate o meno “de la scorsa”, scorza o corteccia. Quelle non mondate della scorza (corteccia) e più sottili venivano impiegate quale assi da sottotetto mentre le altre, di spessore più consistente, venivano poste in opera come tamponamento delle pareti dei fienili o meglio ancora per la formazione del pavimento in legno delle logge “Loze” della case contadine quando, addirittura, non venissero impiegate per la formazione della “soletta”, un po traballante o scricchiolante anche se poggiante su travi principali in legno, anche queste sempre ricavate da tronchi, del piano superiore delle case riservato, in genere, alle camere da notte.
I tronchi più belli ed estesi in lunghezza, una volta mondati dalla corteccia esterna, venivano impiegati come “trèsere”, terzere o travi portanti le coperture in coppi, come quella principale che correva sotto ed al centro di ogni cuspide o colmo di tetto. Molto altro vi sarebbe da raccontare in merito a Rasegòt e chi faceva, di mestiere, èl Rasighì, ma, a quel punto, non si tratterebbe più di una semplice didascalia, come ci eravamo, invece, prefissi.
A cura di Achille Giovanni Piardi