Federica Balestrieri: “Mia madre contagiata in riabilitazione”
«Vorrei che mi spiegassero come mia madre ha potuto ammalarsi e soprattutto vorrei essere certa che i parenti degli altri pazienti siamo stati informati che lì dentro c’è il covid». È lo sfogo dell’ex giornalista della Rai Federica Balestrieri dopo che la madre è stata trasferita agli Spedali civili di Brescia in condizioni gravi per covid. Da quaranta giorni la donna era ricoverata nel reparto di riabilitazione della Clinica Richiedei di Gussago nel Bresciano dove avrebbe contratto il virus. «Mi avessero detto 40 giorni fa avrei fatto altre scelte per riabilitare la mia mamma. Che ora lotta per non morire nel reparto Covid C del Civile di Brescia (dove è deceduta il 30 dicembre)» spiega la giornalista. «Ho chiesto come fosse potuto accadere. Oggi non a marzo e aprile in piena emergenza. Uno entra per una riabilitazione ed esce con una polmonite bilaterale interstiziale. Mi è stato risposto che nessuno sa il motivo e che probabilmente saranno state le riviste che c’erano in reparto visto che tutto il personale, mi viene detto, è sempre stato negativo ai tamponi». Federica Balestrieri conclude: «L’hanno scaricata come un sacco di spazzatura. È l’impressione che ho avuto. Scaricata lei, scaricato il covid dalla struttura. Tutto a posto. Come nulla fosse accaduto».
Fonte: brescia.corriere.it
Morti nella Rsa di Gussago: “Non abbiamo taciuto il focolaio”
“Scarsa trasparenza? Non mi pare che il focolaio nella Rsa sia stato taciuto. Per fortuna ce ne siamo accorti grazie ai tamponi che facciamo ogni 15 giorni anziché ogni 30 come prevede la norma. Ora li stiamo facendo ogni 3 giorni”. Carlo Bonometti, presidente di Fondazione Richiedei, replica così a Federica Balestrieri, ex giornalista Rai, che ha perso la madre il 30 dicembre, morta al Civile per Covid. La positività era stata scoperta il 17 dicembre, 43esimo giorno dal ricovero nella riabilitazione del Richiedei di Gussago; era risultata positiva anche la compagna di stanza.
Già prima di Natale Balestrieri aveva sollevato il tema sulla stampa, chiedendo come fosse possibile contagiarsi in una struttura blindata e se fossero avvisati i parenti degli altri degenti. Nei giorni scorsi, Balestrieri ha rilanciato le stesse domande, dopo la notizia del focolaio rilevato nella Rsa del polo di Gussago (20 gli asintomatici). La struttura precisa che “non sussiste alcun nesso di casualità tra le positività delle due pazienti ricoverate, accertate in data 17-18 dicembre presso il riparto di riabilitazione e le positività emerse oltre un mese dopo”. Né gli spazi (“riabilitazione ed Rsa si trovano in edifici diversi e distanti”) né i tempi consentono di ipotizzare un legame tra i due episodi. Bonometti spiega di comprendere il dolore di Balestrieri, anche per aver vissuto in prima persona una vicenda analoga.
“Abbiamo delle ipotesi su quanto accaduto a dicembre, non suffragate da prove. Capisco che questa incertezza costituisca motivo di risentimento, ma non si può sparare nel mucchio, gettando fango. Facciamo le cose con estrema accuratezza”. Quanto alla possibilità di comunicare ai parenti dei degenti la presenza di positivi in reparto, per Bonometti “è inutile creare allarmismo se uno ha un tampone negativo”. Il sindaco di Gussago, Giovanni Coccoli, interpellato sulla vicenda, commenta: “Sento quotidianamente il Richiedei, la difficoltà è quella che stanno vivendo molte di queste strutture in tutta Italia. Posso dire che la Fondazione si è spesa sin dai primi giorni sul fronte Covid, so che c’è la massima serietà e professionalità”.
Il primo cittadino si è speso in prima persona, chiedendo, ad esempio, al sacerdote (sostituito del cappellano, positivo a Covid), di attendere l’esito del tampone prima di andare a dire messa nella cappella dell’ospedale. “Capisco il dolore, comprendo un po’ meno questo accanimento – continua Coccoli – sono d’accordo, invece, se il tema è di mettere in campo azioni di contenimento, come avvisare i parenti in modo che possano decidere di andare a riprendere un degente”. Per Balestrieri, resta comunque un punto: “Non possiamo giustificare tutto perché c’è la Covid. L’imprevedibilità poteva essere accettata a marzo, oggi non più”.
Federica Pacella
Fonte: ilgiorno.it