Slitta l’apertura del primo nucleo del Museo del gusto della Lombardia inizialmente prevista per il 26 aprile. Ciò non significa che l’idea sia stata abbandonata: semplicemente il progetto richiede ulteriori verifiche. L’operazione è complessa poiché chiama in causa diverse realtà: l’ente pubblico, le associazioni, i musei simili, gli sponsor… L’apertura della prima sezione del Museo dovrebbe avvenire al «Löc de la Begia» (data ancora da stabilire), altra dimora storica gussaghese, nell’attesa che vengano realizzati gli interventi di ripristino dell’ala ovest della Santissima. Quella che ospiterà il Museo con una scintillante ed elegantissima vetrina. Sono in corso anche, da parte dell’Associazione Amici del Gusto, ente promotore del Museo e della Pro Loco di Gussago, approfondimenti nell’ambito della legge per consentire, a chi sarà il perno operativo dell’operazione, di gestire senza intoppi il Museo.
Nei prossimi giorni è previsto un confronto informale, richiesto da parte della Pro Loco a Maurizio Bernardelli Curuz, il critico d’arte che per cinque anni è stato direttore artistico dei musei bresciani e che era stato chiamato al congresso di Pisa in cui si presentano le maggiori innovazioni in ambito museale mondiale affinché illustrasse gli esiti del «Museo narrativo», concetto che era stato applicato sia alla mostra degli Inca sia a quella di Matisse. Curuz aveva dimostrato che con forte assetto narrativo e concettuale è possibile produrre un viaggio appassionante, anche a partire da materiali poveri ai quali va riconsegnata la parola. Ogni territorio ha poi una propria specificità e, da quanto si dice in paese, è difficile riportare a Gussago l’esperienza del Castello di Padernello. In quel caso si assiste a una forte convergenza territoriale che nasce da un assetto sociale ben connesso, in cui banche, associazioni, ristoratori, volontari, compagnie teatrali giocano un ruolo fortemente coeso. Gussago, invece, è una realtà vicina alla città. Progettare un museo nel paese franciacortino presenta maggiori difficoltà rispetto a un lavoro svolto nella Bassa, le stesse che si incontrerebbero in realtà urbane fortemente burocratizzate, come quella del capoluogo bresciano. Altro elemento da considerare è quello dei fondi. Risulterebbe necessaria una maggior convergenza, anche economica, degli imprenditori, collegata a un sano orgoglio campanilista che esiste nella Bassa – e che risulta un motore straordinario – e che invece, nella realtà «metropolitana» di Gussago è ben più attenuato.
Fonte: Giornale di Brescia