“Pèségå, làèt i pè, C…!”. Sbrigati, lavati i piedi, C… che devi correre a seguire il piccolo corteo dal momento che stanno portando il viatico, recando l’Eucaristia, al malato grave. Infatti dal campanile erano appena scoccati i precisi specifici rintocchi. Tutti e con immediatezza apprendevano che si trattava di un “servizio” speciale, probabilmente anche l’ultimo, verso un fedele moribondo.
Accadeva a Casaglio, come in tutte le Contrade della Parrocchia e quelle delle restanti altre tre Parrocchie gussaghesi. Così anche a Navezze; le massaie i ragazzi e gli uomini addetti ai lavori della campagna nell’udire i tipici rintocchi solevano momentaneamente interrompere le normali occupazioni e dire l’uno all’altro: “Sito, sent, i dèsquarciå San Visèn! Ahi, ghè argü chè sta mal”. Ciò imparai ed appresi di persona in questa Contrada detta, al tempo, “la al dèl patöss”: correvano gli anni Cinquanta ed il sacerdote addetto (1934-1964) era don Giovanni Fogazzi.
A Navezze quando si recava il viatico, prima di uscire di chiesa il sacerdote scopriva (levava il panno) la reliquia del Santo Vincenzo Ferreri (Vicente Ferrer). Il piccolo corteo di disciplini e sacerdote (con il santissimo sacramento ben protetto nella teca od in una pisside prelevata dal tabernacolo), in pieno giorno, di sera ed anche nottetempo, prendeva la strada verso la casa dell’ammalato grave, il più grande dei ragazzi disciplini proteggeva il sacerdote ed il Santissimo con l’apposito ombrello processionale posto su di manico sghembo, dal momento che il disciplino doveva sempre stare dietro al ministro di Dio, mai affiancarlo.
In quei tempi degli anni Trenta/Quaranta, ed anche dopo, sia in casa, quanto nel cortile e sull’aia si camminava a piedi nudi, “èn pènüt”, e se si fosse dovuto uscire o, come in questo caso dell’Eucaristia al moribondo, in tutta fretta si doveva preventivamente provvedere a lavare i piedi per poi indossare zoccoli aperti, almeno in primavera-estate, ed essere sufficientemente presentabili al cospetto del Corpo di Cristo e degni di presenziare al sacro corteo. Non tutto il corteo entrava nella camera del moribondo; infatti, disciplini e i/le ragazzi/e attendevano fuori e meno che meno azzardavano salire la scala che, in genere, portava al piano della povera, e magari disadorna, camera da letto, nella quale sostavano al capezzale i soli familiari, quando ad un cenno del sacerdote non dovessero anche loro abbandonare e uscire. L’ammalato, ancora in grado di agire, poteva avere il desiderio di manifestare alla persona fidata, il sacerdote, qualche desiderio od ultima volontà e disposizione per i familiari o, più semplicemente, volersi confessare onde transitare, in pace, all’altra riva, alla vita eterna.
“Pèségå, làèt i pè, C…!”. Quando si dice il rispetto degli altri per esercitare un servizio, un adempimento di fede e di carità, a cominciare dalla cura di se stessi!; di quando eravamo poveri, ma con assoluta dignità.
A cura di Achille Giovanni Piardi