A piedi fino a Santiago de Compostela

Gian Battista Riviera

Sono state 43 tappe, 2054 chilometri percorsi, un passo dopo l’altro per 45 giorni, da Brescia a Santiago de Compostela. Gian Battista Riviera, 69 anni, medico di famiglia a Gussago, ha camminato da solo per nove ore e mezza al giorno, percorrendo quotidianamente circa 50 chilometri. Il motivo è semplice e profondo: la gratitudine. È stato il suo modo per dire “grazie”.

“La mia vita è stata più bella di quella che sognavo”, racconta. Il 29 marzo è partito da Urago Mella, dove vive. Non per “dimostrare qualcosa”, precisa, ma per ringraziare Dio, la vita e la sua famiglia. “È mia abitudine fare un viaggio ogni volta che sta per nascere un nipote. Ne ho sei e a breve sarebbe arrivata Lyla. Ero già andato a Santiago partendo da Saint-Jean-Pied-de-Port e da Lisbona, ma questa volta ho deciso di partire da casa: era giusto farlo per intero”.

Il ritorno, il 12 maggio, è stato puntuale. Per riuscirci, Riviera ha dovuto abbreviare i tradizionali tempi di percorrenza. “Di solito si camminano dai 23 ai 27 chilometri al giorno. Io dovevo tornare in tempo per la nascita di mia nipote e perché non potevo lasciare troppo a lungo i miei pazienti. Così facevo due tappe al giorno”. Il viaggio non è stato solo fatica, ma anche meditazione, preghiera, la possibilità di meravigliarsi. “Sono cresciuto nelle braccia della Divina Provvidenza, con tanto buonumore”. È con questo spirito che ha attraversato da solo la Lombardia, il Piemonte, la Liguria, la Costa Azzurra e la Francia, scavalcando i Pirenei fino ad arrivare in Spagna.

La bellezza, spiega, era ovunque. Bastava saperla cogliere: “I boschi in Francia sembrano infiniti. Ho visto cervi, altri animali, l’equilibrio perfetto della natura”. Ogni sera racchiudeva i suoi pensieri in qualche riga, che il figlio pubblicava sui social insieme a una fotografia. “Prima di andare a dormire, era diventato un appuntamento fisso. Volevo rendere partecipi tutti della bellezza. Al rientro, i pazienti mi hanno detto: Dottore, aspettavo la sera per vedere dov’era arrivato!”.

Nei primi otto giorni non sono mancate le difficoltà. “Ero stanco e ho avuto paura”, racconta. Poi, “come d’incanto”, ogni sofferenza è scomparsa. “Ho avuto la conferma di quanto la macchina umana sia meravigliosa: riesce ad adattarsi ai cambiamenti climatici, alle privazioni, allo sforzo fisico”. Superata la fase iniziale, tutto è diventato semplice: “Era come volare. Se avessi avuto tempo, sarei tornato a piedi”. Con in spalla uno zaino pieno di “suppliche, preghiere e messaggi delle persone care”, non si è mai sentito solo. Ovunque ha trovato ospitalità: “Una coppia mi ha offerto del caffè a casa loro, un’altra mi ha regalato dei datteri per Pasqua, sapendo che l’indomani sarebbe stato tutto chiuso. Li mangiai ed erano buonissimi. Quando hai poco, dai valore a tutto”. Camminando ha imparato, o forse solo ricordato, che la felicità sta nelle cose più semplici. “Noi siamo sempre a correre. Ma se ci si ferma a guardare, ci si accorge che c’è una bellezza incredibile anche solo in un corso d’acqua, in un raggio di sole che filtra tra i rami, in un gruppo di cervi che ti osserva in silenzio”.

Per Riviera, nulla accade per caso. A Burgos (Spagna), a tre quarti del percorso, ha visto una cicogna. “L’ho filmata, stava ferma. Ho pensato subito: sta portando mia nipote. Un po’ di poesia ci vuole. E poi sono tornato giusto in tempo per accoglierla”. Del resto, precisa, non serve essere “eccezionali”: “Chiunque può farlo. Io sono vent’anni che mi alleno per reggere certe fatiche, ma alla fine dei conti servono solo due cose: la motivazione e il buon umore”. E se si chiede a Gian Battista Riviera cosa ha provato al suo rientro, la risposta è di disarmante semplicità: “Pace”.
Chiara Bagnalasta

Fonte: Bresciaoggi

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