Un attimo di distrazione, o forse un errore di valutazione, ed è precipitato nel vuoto. Una caduta che non ha dato scampo all’alpinista che insieme a due compagni di escursione era impegnato a scalare la cascata Madre, in Valbione, a Ponte di Legno. Ha perso così la vita ieri, intorno all’ora di pranzo, Francesco Prati, la prima vittima della montagna del 2025. L’uomo, 70enne nato a Cellatica e residente a Gussago, stava arrampicandosi sulla parete di ghiaccio in una zona molto frequentata dagli appassionati di montagna e dove già in passato si erano verificati alcuni incidenti. Grande amante dei monti ed esperto alpinista, è morto sul colpo sotto gli occhi sgomenti di chi in quel momento si trovava con lui in questa zona dell’alta Valcamonica.
Quanto è accaduto ieri mattina, poco sopra il Golf Club Ponte di Legno, è al vaglio del Sagf, il Soccorso alpino della Guardia di finanza (allertati anche i carabinieri della stazione di Ponte di Legno)a cui spetterà di fare chiarezza sull’ennesima tragedia che ha avuto come teatro le vette della provincia di Brescia. Prati, come detto, era con altre due persone e in cordata stavano risalendo la parete di ghiaccio quando all’improvviso è caduto nel vuoto. Un volo di circa quaranta metri che non gli dato scampo. Precipitando, infatti, il 70enne avrebbe sbattuto con violenza la testa e proprio questo trauma gli sarebbe stato fatale. A provocare la caduta potrebbe essere stato un errore del 70enne «tradito» dalla cascata di ghiaccio che, stando a quanto hanno raccontato altri alpinisti, in queste giornate è praticamente perfetta. A lanciare l’allarme (mancavano pochi minuti a mezzogiorno) sono stati i due compagni di cordata (sotto shock per quanto accaduto davanti ai loro occhi, ma per fortuna non hanno riportato ferite) che hanno fatto scattare l’intervento dei soccorritori che quando sono arrivati non hanno potuto fare altro che constatare il decesso dell’alpinista. Troppo grave la lesione riportata dal 70enne e ciò ha reso vani gli sforzi del personale sanitario di tenerlo in vita Il corpo dell’uomo è quindi stato recuperato, e riportato a valle, dal Soccorso alpino con un elicottero decollato poco prima da Sondrio. La zona, a duemila metri di altezza, è infatti in una zona molto impervia e questo ha inevitabilmente ostacolato l’arrivo dei soccorsi. Mentre l’elicottero del soccorso alpino recuperava, con l’utilizzo di un verricello, il corpo senza vita di Prati, i militari del Sagf hanno accompagnato a valle i due compagni di escursione del 70enne. I due una volta in sicurezza sono stati ascoltati da chi indaga per cercare di fare chiarezza su cosa possa avere provocato l’incidente in quota costato la vita a Francesco Prati. Dalle loro parole, ma anche dall’esame dell’attrezzatura utilizzata per affrontare la scalata, potrebbe già nei prossimi giorni arrivare qualche risposta in più anche se l’ipotesi più probabile è che si sia trattato di un errore umano.
Il corpo di Prati, una volta recuperato, è stato ricomposto nella sala mortuaria del cimitero di Ponte di Legno. La salma è già stata restituita ai familiari e nelle prossime ore sarà fissata la data del funerale dello sfortunato alpinista, prima vittima della montagna del 2025 iniziato da poco.
Paolo Cittadini – Lino Febbrari
Un veterano delle vette conosciuto in tutta Italia
Francesco Prati, 70 anni, era nato a Cellatica, ma abitava da trent’anni a Gussago. Per la sua attività pluridecennale scandita dalla conquista di cime impegnative era considerato uno degli alpinisti più esperti della provincia di Brescia. Sposato con Giuliana, due figli – Alessandro e Michela, che è stata raggiunta dalla tragica notizia a Londra, dove si trova in questo periodo, e che abita a Cellatica, dove lavora come assistente sociale per il Distretto Ovest solidale – e due nipoti, ha sempre avuto una grande passione per la montagna, coltivata anche una volta raggiunta l’età della pensione. Prati aveva una vera e propria predilezione per gli sport avventurosi, compresa la barca a vela.
Membro del Circolo Rocciatori Ugolini di Brescia, Prati è stato uno degli scalatori veterani della provincia. Dagli anni Novanta in poi ha aperto decine di vie di arrampicata. Tra quelle più suggestive quella di ghiaccio e misto nella mitica Val Daone, scoperta e mappata con Giorgio Tameni, Luca Tamburini e Patrick Ghezzi. Francesco Prati era anche impegnato nel volontariato.
«In paese, in verità, non lo conoscevano in molti – ammette il sindaco di Gussago, Giovanni Coccoli -, ma Francesco, per tutti “Ceco”, aveva forti legami con le persone che, con lui, condividevano la passione per la montagna. Io stesso l’avevo frequentato una ventina di anni fa, quando arrampicavo, e qualche volta abbiamo fatto escursioni insieme».Prati si era arrampicato con i migliori alpinisti bresciani, e non solo, conquistando vette importanti. Nel 2014 a Tenno, nel corso del convegno «La cordata» al quale avevano partecipato alpinisti di fama consolidata, era stato definito come «un arrampicatore molto forte. Insieme a Francesco Salvaterra – con il quale aveva scalato la nuova via Alpini di mare sull’isola di Tavolara in Sardegna -, i due formano una cordata molto forte e veloce. Francesco Prati possiede il suo baricentro all’altezza del cuore ed è un uomo fortemente caratterizzato dal sole. È sorprendente come motivi i suoi movimenti come da un centro, mentre Salvaterra si libra con uno stile leggero sulle gambe. In questa squadra di cordata ben coordinata si possono riconoscere fisiognomicamente il sole e la luna».
La tragedia costata la vita a Francesco Prati presenta analogie, per la portata del personaggio e la dinamica dell’incidente, con quella di Angiolino Goffi, vittima di un tragico incidente in montagna ad inizio novembre. Una vera e propria fatalità: Goffi, alpinista esperto di 71 anni, mentre stava effettuando un’escursione nelle Giudicarie, era scivolato lungo un pendio, battendo violentemente il capo contro una roccia. Goffi, originario di Gavardo, ex presidente della sezione locale del Cai, era l’anima del Sentiero di Cinzia, sodalizio per permettere ai portatori di disabilità gravi di effettuare escursioni in montagna, grazie a speciali carrozzelle spinte da volontari. Per questa attività, era stato insignito del Premio Bulloni.
Cinzia Reboni
Fonte: Bresciaoggi