Lo spiega l’autrice Rinetta Faroni, precisando, fra altre considerazioni introduttive, che “E’ un libro di descrizione e documentazione che si auspica altri vorranno approfondire e arricchire; è un omaggio ad una preziosa testimonianza di elementi decorativi e architettonici in grado, con la forza della loro armonia, di condurci in una dimensione oltre le durezze e le sofferenze che passano in questo luogo ogni giorno”.
Luogo che è la qualificata sede dell’apprezzata struttura sanitaria della Fondazione “Ospedale e Casa di Riposo Nobile Paolo Richiedei” di Gussago, presieduta da Carlo Bonometti, come istituzione ricettiva, accreditata presso il servizio sanitario regionale, per l’erogazione di prestazioni riabilitative ambulatoriali, anche espletate, a fronte di alcune condizioni, in regime domiciliare e pure assicurate ai pazienti in degenza, con particolare riferimento alla riabilitazione generale e geriatrica, in relazione al piano terapeutico medicalmente richiesto secondo una mirata natura specialistica, come nell’ambito della rieducazione, rispettivamente neuromotoria, ortopedica, del linguaggio e del pavimento pelvico, mentre anche un servizio residenziale di “hospice” e l’offerta del laboratorio analisi e della radiologia, contraddistinguono altre utili prerogative afferenti la sanità, nell’esercizio di ciò che, territorialmente, la medesima istituzione esplica pure nella analoga sua diramazione operativa di Palazzolo sull’Oglio.
La perdurante contemporaneità di questa fondazione, si riconduce alla figura di quell’esponente della nobiltà bresciana che è presente nella sua stessa denominazione sociale dove, in un’identitaria accezione, la figura di Paolo Richiedei (1795 – 1869 ) è motivata traccia di un’elettiva dedicazione contestuale alla propria fattiva ispirazione, storicamente evolutasi nel tempo, fino alla sua attuale caratterizzazione.
Di lui è, fra l’altro, scritto nell’Enciclopedia Bresciana, curata da mons. Antonio Fappani: “(…) Bibliofilo di buon gusto, amante delle belle arti, ospitò nella villa di Gussago artisti, letterati e studiosi quali Rodolfo Vantini, Aleardo Aleardi, i fratelli Ugoni e soprattutto Luigi Basiletti e Angelo Inganni. Dell’Inganni fu, oltre che amico, mecenate, commissionandogli molte opere e mettendogli a disposizione l’ex convento della “Santissima”. Avvalendosi di artisti e di artigiani di prestigio, abbellì la villa di Gussago di architetture neoclassiche, giardini, fontane, prospettive murali, poi dall’Inganni fermate in tele suggestive. (…)”.
Un tempo beni dell’agiata famiglia di questo personaggio e da lui stesso ulteriormente valorizzati con alcuni progressivi interventi realizzati, gli antichi ambienti, attualmente in uso dalla fondazione che ne reca il nome, sono oggetto di questa pubblicazione, dal titolo “Uno Sguardo sulla Bellezza – Guida ai saloni storici e al giardino di Villa Richiedei a Gussago”, promossa dall’ente omonimo, nella consapevole sollecitudine di presentarsi, nella memoria collettiva dove immette la propria peculiare missione, anche nella valenza culturale mediante la quale il proprio insieme strutturale risulta architettonicamente connesso insieme al vissuto che lo sottintende, in una suggestiva compenetrazione.
Poco più di sessantacinque pagine illustrate dettagliano, fra l’altro, quella “armonia del bello” che storicamente delinea, nelle attrattive stilistiche dell’illuminismo, l’impronta neoclassica di una tensione culturale protesa ad una ideale elevazione, fatta anche di simboli ermetici, adottati per una contenutistica rappresentazione, ispirata a sollecitare l’uomo attraverso un auspicato cammino di costante progressione.
In ordine a questo aspetto, a ridosso di una minuziosa osservazione dei particolari costitutivi dei luoghi diffusamente considerati nell’analitica esposizione del testo, suddiviso in tre parti principali dove nel libro si trovano trattati, l’autrice sottolinea pure che “Le decorazioni delle stanze sono geometricamente definite e costruite per esprimere messaggi culturali di impronta rigorosamente neoclassica, legati agli ideali dell’età napoleonica e della massoneria. A questo proposito, ritengo che l’affiliazione del Richiedei fosse derivata non tanto dalla condivisione di ritualità, esoterismi o altre peculiarità di tale “ordine iniziatico”, tra l’altro ufficialmente riconosciuto dal Governo, ma soprattutto dalla convenzione sociale, poiché all’epoca era normale che nobili, borghesi e intellettuali vi fossero associati, uniti dalla condivisione del pensiero massonico, ovvero la solidarietà, la fratellanza, il desiderio di costruire una società fondata su un nuovo ordine morale, con l’obiettivo del perfezionamento personale e degli uomini; era l’affermazione dei principi illuministici, oltre anticlericalismo o il deismo, associata alla forte componente intellettuale e alle finalità umanistiche, produttive, filantropiche e di impegno pubblico che caratterizzarono gli affiliati delle logge napoleoniche sorte un po’ in tutta Italia”.
In questo contesto pare che una caratteristica visione della realtà si stemperi nelle differenziate sfaccettature di un certo stile dove, in una proporzione di assonante linearità, la stessa ottica sembra esemplificare l’interazione concettuale instauratasi con le varie componenti mediante le quali si sommano gli elementi che sono contraddistinguenti una sua ricorrente sistematicità di tendenza e di immagine, secondo una soluzione di omogenea complementarietà.
Sia dentro che fuori, gli ambienti descritti, rivelano tratti conseguenti a quella sintesi che, in aderenza agli stessi, pare che fosse inteso che, in ordine ad una medesima ideazione, si dovessero confermare nel tempo, quale impronta visiva corrispondente alle nozioni interpretate per la ricercata messa in atto dei loro rispettivi elementi, in riferimento ad una armoniosa realizzazione che, per il nobile Paolo Richiedei, “doveva rientrare nella logica illuministica e seguire i canoni della sua appartenenza ideale che influenzava anche i segni della realtà, dunque anche l’architettura e i giardini, dove nulla era lasciato al caso, ma tutto costruito secondo un ordine fatto di regole rigorose. Quel giardino botanico neoclassico di gusto settecentesco doveva essere anche sintesi di tutte le arti – ingegneria, geologia, idraulica, ornato, botanica, scienza, scultura, pittura; e molti dovettero essere i progettisti che vi lavorarono, oltre al Vantini, che cita solo la “prospettiva moresca” sullo sfondo del viale ed i pilastri della cancellata”.
Ancora oggi efficaci rappresentazioni, individuate, a suo tempo, perché se ne perpetuassero le argomentate ispirazioni volte a promuoverne le fattezze figurative, in un desiderio di plurime e di qualitative condivisioni, tali manufatti espressivi imprimono, efficacemente, un loro peculiare racconto anche al subentrato corso dell’allestimento strutturale in cui mantengono le proprie evocative interpretazioni, tanto per i cortili, quanto per le pertinenze delle sale interne, racchiuse in affascinanti pareti affrescate, attraverso le quali, dalle ampie vedute verso l’esterno, anche il giardino induce, nella planimetria del verde e dei viali, alla resa induttiva di alcune eleganti e caratteristiche installazioni, relative a sculture, pitture e fontane, fra le varie essenze botaniche, come i carpini ed i cedri, i tassi ed i cipressi, le tuje e gli agrifogli, i faggi ed i cotognastri, nell’olezzare di effluvi estivi di arborescenze, emanati da rose, camelie, ortensie, lonicere e pure dai fiori a grappolo dei tigli e da quelli carnosi delle imponenti magnolie che strutturano alti profili virenti, fra quelle stagionali dissolvenze dove ingenerano le proprie ricche infiorescenze.
Qui, Poseidone, Venere, Apollo profilano, in un insieme di altri diafani solidi, alcuni soggetti di quell’età classica che pure nell’arte figurativa animano interpretazioni a carattere mitologico per l’abbellimento gentilizio degli spazi interni della Villa ed anche di certi tratti murari del medesimo giardino, come nel caso, “dell’alta muraglia della prospettiva “moresca” del Vantini” che sembra creare un’ampia prosecuzione di spaziale profondità, attraverso un verosimile decoro di raffinata compatibilità, rispetto a quella compostezza architettonica che attira lo sguardo nella sublime finzione pittorica di una realtà mutuata da una universale visione di ordine e di equilibrio, sperimentabile in una metaforica similarità.
In questo senso, tali condivisibili concetti speculativi paiono avere accolto le altrettanto universalistiche sollecitazioni presenti in quell’attività di cura, intesa nel farsi carico dell’altro, che, in ambito sanitario, racchiudono i valori della solidarietà, interpretati dal nobile Paolo Richiedei nel suo lascito volto tradurli anche nella nascita di un’apposita istituzione, a margine della quale, Rinetta Faroni, scrive pure, per presentarne il libro in cui la sede della stessa ha monograficamente posto in una correlata trattazione, che “(…) la storica villa Richiedei, con i suoi saloni ed il giardino originari, è uno scrigno colmo di variegate espressioni artistiche ed estetiche fonte di sorpresa, ammirazione, emozioni, sentimenti di piacevolezza e serenità che mediante questa pubblicazione si è voluto fare conoscere e divulgare (…)”.
Luca Quaresmini
Fonte: popolis.it