
Giovedì 14 maggio 2015 presso la sala polifunzionale “Mons. Bazzani” di Gussago, nell’ambito dell’Ottavo giorno – edizione 3, si è tenuto l’incontro “Disabilità: il Chiaro del Bosco”, interessante conferenza di cinema raccontato, spiegato e discusso attraverso un collage di pellicole appositamente scelte, che si potrebbe tradurre con una domanda: come è stata messa in scena la disabilita sul grande schermo? Questa è stato l’input a ciò che si è visto e discusso, grazie alla grande preparazione tecniche, e anche umana di Massimo Morelli.
Un disabile al cinema è una presenza scomoda, raramente preso in considerazione. Si pensa infatti che il pubblico possa trovare la cosa spiacevole, non bella da vedere e quindi decretare l’insuccesso del film, la perdita di denaro e credibilità da parte di attori e registi. Hollywood per ovviare a ciò usa la “mediazione e il compromesso”: utilizzando attori famosi, storie spettacolari che piacciono al pubblico, conclusione forzatamente positiva o comunque dolce-amara. Il cinema è stato ostile per decenni prima di aprirsi ad argomenti scomodi e sconvolgenti come la disabilita e l’handicap. Poi, fortunatamente, le cose cambiano e il cinema contribuisce non poco a far conoscere e diffondere questo universo unico e straordinario. Su tutti un film: FREAKS, capolavoro del cinema “diverso” girato in bianco e nero da Tod Browning nel 1932, bloccato dalla censura per quasi cinquant’anni (a causa di scene crude) e interpretato solo da attori deformi, fenomeni da baraccone, freaks, appunto.
Non c’è dubbio che il cinema può assolvere anche un’importante compito morale: il fastidio che proviamo verso qualche tipo di disabilità, può essere oggetto, nel corso di una visione cinematografica, di un’analisi e una rielaborazione, mostrandoci le strategie con le quali cerchiamo di fuggire la diversità e le ragioni per le quali un disabile ci inquieta. Tramite la sua potenza narrativa e i meccanismi dell’identificazione, il cinema ci “obbliga” a entrare nei panni dell’altro e a coglierne le motivazioni umane e soggettive, a cogliere le risorse morali che si annidano in persone poco efficienti, certamente fuori dai canoni estetici televisivi, e cinematografici. Sotto questo profilo è possibile distinguere due tipologie fondamentali. Da un lato le produzioni hollywoodiane che utilizzano attori famosi per evidenziare la disabilità in un contesto narrativo: il grande attore dimostra come e quanto è bravo a interpretare il ruolo di un disabile in una cornice narrativa che lo vede comunque protagonista al centro di ogni scena. Si possono ricordare a questo riguardo film e performance straordinarie, come quella di John Hurt in ELEPHANT MAN (1980) di D. Lynch, nei panni di John Merrick (freak ottocentesco); di Dustin Hoffman in RAIN MAN (1988) di B. Levinson, nei panni di Raymond Babbit, un genio matematico autistico; Daniel Day- Lewis ispirato interprete del pittore e scrittore paraplegico Christy Brown in IL MIO PIEDE SINISTRO (1989) di J. Sheridan. O come non restare affascinati dalla bravura Leonardo di Caprio in BUON COMPLEANNO MR.GRAPE (1993) di L.Hallstrom, di Tom Hanks in FORREST GUMP (1994) di R. Zemeckis, di Sean Penn nel ruolo di Sam Dawson, disabile con il quoziente d’intelligenza di un bambino in MI CHIAMO SAM (2001) di J. Nelson? Una citazione particolare voglio porla anche ad un nostro attore italiano Giancarlo Giannini interprete di un Down cinquantenne, Eugenio, che lavora in un centro traumatologico, dove aiuta i malati nelle terapie di recupero in TI VOGLIO BENE EUGENIO (2002), di Francesco Josè Fernandez.
Ci sono dei registi che mostrano tutto il loro coraggio, portando in scena accanto volti noti al pubblico, disabili veri che interpretano se stessi, sempre però all’interno di set cinematografico. Ricordiamo GABI UNA STORIA VERA (1987) di L. Mandoki, allo straordinario L’OTTAVO GIORNO (1996) di P. Van Dormael, dove il Down Pascale Duquenne interpreta il personaggio di George, ragazzo buono e generoso che redime il manager in carriera Harry (D. Auteil). Un discorso a parte merita il capolavoro LE CHIAVI DI CASA (2004) di G. Amelio, libera trasposizione del romanzo di G. Pontiggia “Nati due volte” (2000). Il regista ha scelto il paraplegico Andrea Rossi per interpretare il ruolo di Paolo, cambiando la sceneggiatura e valorizzando vivacità del ragazzo nelle sue improvvisazioni sul set. Non l’attore che deve “entrare” nel film, ma è il film che umilmente si piega al talento dell’interprete.
A cura di Iosemilly De Peri Piovani.