È previsto lunedì 13 marzo 2017 l’incontro della Commissione salute di Regione Lombardia che, il mattino alle 11, si riunirà alla Fondazione Richiedei di Gussago per dirimere la questione dell’imminente trasferimento a Montichiari e Gardone di Medicina e Riabilitazione. A darne notizia sapere sono i sindacati che hanno lanciato un ultimatum alle istituzioni affinché trovino una soluzione che eviti i 67 licenziamenti previsti a Gussago per lo spostamento dei due reparti.
«Il 13 saremo tutti là, lavoratori compresi», hanno annunciato gli esponenti delle organizzazioni sindacali. Il trasloco di Medicina e Riabilitazione, lo ricordiamo, è stato ritenuto necessario allo scadere della convenzione che l’ospedale Civile aveva con la clinica gussaghese, il che comporta una serie di ricadute negative non solo su chi rischia il proprio posto di lavoro ma, secondo i sindacati: rischia di vanificare gli sforzi fatti dalla struttura e dagli stessi dipendenti per far quadrare i conti negli ultimi cinque anni.
«Gli sforzi che i lavoratori hanno fatto lasciando sul tavolo la metà della produttività hanno fruttato, perché da due anni il bilancio di Richiedei è in attivo – ha sottolineato Diego Zorzi di Cisl Fpl -. Ora che i due reparti torneranno in capo al Civile, il timore è che per l’ospedale di Gussago sia l’inizio di una lenta fine». Intanto l’Asst Civile ha annunciato che il trasferimento partirà il 31 maggio: il reparto di Medicina prevede il trasferimento di 20 posti a Montichiari, per il quale è già in corso la riorganizzazione degli spazi ed è già stato predisposto il bando di mobilità interno per Oss e infermieri; i 30 posti del reparto di Riabilitazione verranno invece trasferiti a Gardone Val Trompia, anch’esso già in fase di riallestimento.
Richiedei, spiegano i sindacati, stima in circa 2 milioni di euro il danno derivante: «La Regione dov’è? – chiede Demetrio Barbagiovanni di Uil Fpl –. Spetta a lei individuare le attività che permettano a una fondazione storica come quella di Gussago di sopravvivere». La preoccupazione, dunque, non è rivolta solo ai 67 lavoratori che rimarranno senza impiego, ma è per la tenuta del sistema Richiedei in generale: «Questo ospedale copre un bacino d’utenza di 250mila cittadini – ha ricordato Stefano Ronchi di Cgil Fpl -. Cosa accadrebbe se piano piano venissero chiusi i rubinetti da parte delle banche e, di conseguenza, tutto l’ovest bresciano si trovasse orfano di un presidio sanitario?».
La Regione, dicono, deve fare scelte coraggiose, come quella di assegnare al Richiedei la denominazione di Pot (Presidio ospedaliero territoriale), dando pieno compimento alla Legge 23, che prevede servizi sanitari più capillari e vicini al territorio. «La situazione, inoltre, sarebbe diversa se le istituzioni non fossero così in ritardo con i Poas, ovvero i piani di organizzazione relativi alla sanità regionale – ha fatto presente Andrea Riccò di Uil -. La loro applicazione doveva partire a inizio anno. Siamo a marzo e ancora non si vede nulla. Il timore è che la questione Richiedei diventi oggetto sensibile per l’imminente campagna elettorale, e questo non sarebbe ammissibile».
Michele Bono
Fonte: Bresciaoggi