Ameno luogo di pace, riconciliazione e meditazione per i frati domenicani in periodo medioevale; salotto di conturbante bellezza per l’aristocrazia ottocentesca. Poi la decadenza, e in futuro, chissà, la rinascita – questa almeno è una delle possibilità – come sede del Museo del Gusto. Arte e storia. La Santissima nasconde – dietro le pareti spogliate oggi di numerosi affreschi, e superati i portali ormai parzialmente privi dei preziosi marmi decorativi, asportati da ladri senza scrupoli nel corso della storia – alcuni dei tesori più preziosi per gli amanti della storia e dell’arte. Questo scrigno ricco si schiude, oggi, agli occhi dei nostri lettori, che potranno percorrere questo viaggio nella struttura che domina e «veglia» su Gussago.
L’ex convento domenicano, vero gioiello architettonico, incastonato nella placida natura franciacortina, ha vissuto un’esistenza all’insegna dei contrasti. Da convento – dove a regnare erano rigore, preghiera e una vita povera e essenziale -, a vivace e effervescente ritrovo per le eleganti e sfarzose feste di pittori Angelo Inganni e Amanzia Guerrillot, che abitarono la struttura nel corso del diciannovesimo secolo. Da meraviglia architettonica – con il determinante contributo di Rodolfo Vantini, che ha trasformato il convento in un «castello delle meraviglie», di ispirazione bavarese -, alla situazione di degrado alla quale purtroppo la struttura franciacortina è esposta oggi. La Santissima, per molti gussaghesi, è come una vecchia e cara amica: sai che c’è, che c’è sempre stata, ma proprio per questo viene data come cosa certa, non più considerata e quindi – di conseguenza – poco conosciuta. Ed ecco il viaggio che proponiamo in queste pagine, per riportare alla luce storie e tradizioni ormai nascoste sotto la spessa coltre di polvere posata dal tempo e dall’incuria.
In pochi attimi ci si trova catapultati nel Medioevo; le tonache bianche dei frati domenicani attraversano il presbiterio della chiesetta rivolta a ovest; uomini raccolti nel silenzio più totale racchiusi in preghiera. E attorno a loro, sulle pareti, il tripudio di fede e di amore per il bello: meravigliosi affreschi, realizzati da Paolo da Caylina il Giovane e dalla sua bottega e ancora oggi ben visibili, raccontano la storia cristiana; un libro con le pagine rimaste aperte per oltre seicento anni. Sulla volta dell’abside vi è l’immagine di Dio che protegge e benedice i fedeli. La passione di Cristo è raccontata nelle navate laterali; nella navata centrale è espressa l’unione del potere spirituale e temporale della Chiesa e dei domenicani. Leggiadre grottesche separano le varie sequenze, e armonizzano il quadro compositivo. Abbandonata la chiesa, superata la cisterna che riforniva di acqua potabile la struttura, si entra nella casa che fu del miniaturista Giovanni Battista Gigola prima, e poi divenne residenza di Angelo Inganni. Qui vi erano le cucine con un ampio fuoco, l’accesso alla fresca e ampia cantina, e la zona “credenza”. Probabilmente l’ingresso principale era rivolto a est, e dava direttamente sull’ampia sala dove avevano luogo i salotti culturali. Rivolto a sud, un elegante e suggestivo colonnato ad angolo forniva uno scorcio della natura circostante di rara magnificenza.
Al secondo piano si trovano le stanze da letto e nel locale ad angolo, con finestre rivolte a est e a sud, ecco probabilmente la zona adibita, da Inganni e Amanzia Guerrillot, alla pittura. Ancora oggi sono visibili i chiodi a cui erano appesi i quadri, più di 150 anni fa. Infine, una scala irta, porta su, fino alla torre dove il panorama circostante è incorniciato da quattro piccoli «oblò»; la cascina del Taglietto, s’incornicia di linee circolari proprio come nella nota veduta stesa dal pittore. Le merlature, i cipressi, e la vista dal punto più alto, donano una prospettiva unica, che poche persone hanno potuto vedere, la stessa prospettiva che affascinò Inganni, e che lascerebbe attoniti tutti i potenziali visitatori dell’edificio, che ora chiede di essere restaurato per tornare leggiadria ed eleganza di un tempo perduto.
La loggia della casa di Inganni e Amanzia. Il pittore, giunge alla Santissima, dopo aver sposato nel 1842, Aurelia Bertera, vedova del collega Giovan Battista Gigola, proprietario dell’edificio. Tre anni dopo, Angelo Inganni, diviene tutore di Amanzia Guerillot, affidatagli a 17 anni dal padre. Presto tra i due nascerà una relazione sentimentale clandestina e dovranno attendere la morte di Aurelia per renderla ufficiale.
Federico Bernardelli Curuz
Fonte: Giornale di Brescia