Un bimbo armato di straccetto sta lavando il vetro di una classe e un’amichetta è intenta a grattuggiare il pane. Vicino al calorifero c’è un curioso (e minuscolo) stendibiancheria in legno con gli strofinacci bagnati. E in un angolo una poltroncina, una pianta e una lampada accesa invitano chi è stanco a concedersi un po’ di relax. È una mattina di dicembre e siamo in una delle tre sezioni Montessori della materna Nava di Gussago. Qui, ci fa notare Daniela Squassina, coordinatrice dei plessi Nava e Centro, «si può trovare ciò che all’esterno sta sfuggendo: il tempo che detta il bambino». «Stimolato – precisa la maestra Patrizia Tosi, referente per il metodo montessoriano – da un ambiente ordinato, familiare e accogliente e dal materiale giusto che ha a disposizione».
Le insegnanti (sono quattro più due di sostegno per 56 bambini) non forzano i piccoli alunni a svolgere determinate attività, ma rispettano le loro scelte (sono loro a decidere se e quando fare il riposino), i loro tempi e i loro ritmi di apprendimento. Senza prescindere da regole precise che vengono rispettate: quando un bambino ha finito di usare un oggetto lo ripone al suo posto; quando si allontana per andare in bagno lascia sul banco la propria fotografia in modo tale che gli altri non tocchino ciò a cui lui sta lavorando. A tal proposito «mi piace ricordare – aggiunge la maestra Patrizia – la frase che disse un bambino: “Noi non facciamo quello che vogliamo, ma vogliamo quello che facciamo”». Ogni giorno, una volta entrati in classe con le ciabattine, i «padroni di casa» possono decidere se fare attività manuali che «stimolano la concentrazione» come grattuggiare il pane, lavare la bambola o il dinosauro (in un minilavatoio) o lavarsi le mani (c’è un angolo con piccolo catino, spazzolino per le unghie, sapone e salviette colorate). Possono utilizzare i giochi in legno «che aiutano ad apprendere concetti come alto-basso, lungo-corto, piccolo-grande». O imparare a stare in equilibrio camminando su un’ellisse disegnata sul pavimento con un campanellino in mano e un sottofondo musicale.
Il metodo Montessori stimola i bambini a prendersi cura di ciò che li circonda (tutto è in ordine, ci sono piccole scope, minispazzoloni…), delle persone e della natura. Nell’asilo «abitano» tantissime piante da innaffiare e nella classe della maestra Patrizia c’è pure un acquario con i pesciolini rossi. Durante la bella stagione, poi, i bambini utilizzano molto gli spazi esterni: dispongono di mini carriole, rastrelli e innaffiatoi, svolgono piccoli lavoretti di giardinaggio e curano l’orto. Se due alunni litigano si siedono («spesso su loro iniziativa») su una panchina rossa per chiarirsi: «Chi dei due vuole parlare tiene in mano un gomitolo e poi lo passa all’altro cedendogli così la parola». La maestra non alza mai la voce e non li sgrida. Neanche quando rompono piatti o bicchieri: «Il rumore della ceramica che si infrange sul pavimento fa loro capire che hanno sbagliato. Quindi prendono la scopa e ripuliscono». Alla Nava quest’anno ha debuttato anche il nido montessoriano. Per saperne di più c’è l’open day del 20 gennaio 2018.
Barbara Bertocchi
L’educatrice che aprì le «Case dei bambini»
Nata a Chiaravalle, in provincia di Ancona, nel 1870, Maria Montessori fu la prima donna a laurearsi in Medicina all’Università di Roma (e la terza in Italia) con la specializzazione in Neuropsichiatria. Dedicò le sue prime esperienze educative ai bambini con problemi psichici. Poi si laureò in Filosofia e, nel 1907, nel quartiere San Lorenzo di Roma, aprì la prima «Casa dei bambini»: «Non una casa costruita per i bambini – amava precisare lei stessa -, ma una casa dei bambini». Ossia un ambiente familiare in cui potessero esprimersi partendo dal concetto di «libera scelta» e interagire guidati dal materiale a disposizione. Nel corso della sua vita Maria Montessori viaggiò molto. Oggi viene ricordata per il suo impegno nelle lotte femministe, ma soprattutto per il metodo educativo che porta il suo nome. Un metodo che viene applicato in 22mila realtà educative sparse in tutto il mondo: nidi, case dei bambini, materne, scuole primarie e secondarie.
«Il piccolo – sosteneva – rivela se stesso solo quando è lasciato libero di esprimersi, non quando viene coartato da qualche schema educativo». A suo avviso la libera scelta aiuta i bambini a far emergere le loro doti e ad apprendere l’autodisciplina. Gli insegnanti devono osservare e intervenire solo se necessario. A casa e a scuola i bambini andrebbero aiutati a compiere da soli piccole conquiste: «La madre – sosteneva Maria Montessori – che imbocca il bambino senza compiere lo sforzo per insegnargli a tenere il cucchiaio non lo sta educando: lo tratta come un fantoccio. Insegnare a mangiare, a lavarsi, a vestirsi è un lavoro ben più difficile che imboccarlo, lavarlo e vestirlo».
Fonte: Giornale di Brescia