Il cammino delle Croci

Sentiero delle Croci

Un’ora di passeggiata tra silenzio e natura, da una stazione all’altra la Passione degli artisti gussaghesi.

Proposta: un’ora a spasso lungo il sentiero delle croci. Una camminata da Casaglio di Gussago, fino al Santuario della Stella con 15 possibili soste, tante quante le moderne «santelle» di artisti gussaghesi, create con due vecchie traversine di legno. Sì, quelle dei binari, lunghe quasi due metri, di duro rovere, impregnate di catramina che le fa resistere alle intemperie; traversine rifiutate dalla Ferrovia e comperate in blocco. Per realizzare «Il cammino delle Croci» – così Candida Gottardi, l’ideatrice, 11 anni fa chiamò l’iniziativa – ogni artista ne scelse due, come due sono i tronchi che formano la croce di Gesù. Con quelle doveva creare un scultura secondo il tema sorteggiato: la condanna, le tre cadute. E così via, fino alla deposizione e al sepolcro. Quattordici sculture, una per stazione. In più una composizione con i simboli del martirio – flagello, corona di spine e lancia – a fare da segnavia al «Sentiero». Consentita l’aggiunta di materiale povero: chiodi, vetro, lamiera, mattonelle. Nient’altro. Ammessi alla collettiva perenne all’aperto, solo artisti di Gussago. Non per spirito di campanile, ma solo per lasciare alla cittadina un segno di chi opera all’ombra della Santissima.

Chi sale oggi da Casaglio verso la Madonna della Stella, fra campi e vigneti, ricalca le orme dei pellegrini di ieri e di festosi gitanti. E nel silenzio della collina – come in un teatro greco le voci arrivano nitide da lontano – pare di riudire il salmodiare dei sacerdoti, l’eco di un rosario di donne, il biascicare delle litanie (le «tanie», secondo la storpiatura di casa), o il canto del contadino. Non fosse per le recenti villette o per uno sbancamento nella collina che ha il sapore di uno stupro, parrebbe il tempo dell’Inganni. «Tracce che narrano di spensierate e chiassose scampagnate e di tranquille passeggiate cariche di silenzio e di natura» – disse Bruno Marchina, sindaco di Gussago di ieri e di oggi, dando l’assenso al progetto di Candida Gottardi e delle artiste legate al circolo Kaleidon.

In marcia, dunque, verso il Santuario e la bella Vergine del Romanino. Al primo colpo d’occhio il tempio è così arcigno da sembrare un forte. Non fosse per il campanile, a guardarlo da sotto in su, lo si penserebbe più una rocca inespugnabile che non la cinquecentesca chiesa che accoglie gitanti e pellegrini e dove – mezzo secolo fa – don Faustino Negrini l’esorcista, liberava gli ossessi dal demonio. Ci vuole poco, però, a cancellare l’impressione. Basta arrivare al sagrato e tirare il fiato. E quando lo sguardo avrà accarezzato, ora la pianura sconfinata, ora la ruvida bellezza del monte Quarone, la chiesa apparirà meno severa.

Diverse strade portano al tempio, che sarà riaperto domenica – presente il Vescovo Olmi – dopo la chiusura per mettere il riscaldamento sotto il pavimento. E tutte consigliate, per altre scorribande nel verde. Sbaglia solo chi preferisce il motore e l’asfalto alla scarpa ed al viottolo. Guadagna salute chi sale dai Campiani di Cellatica, batte il sentiero del bosco e sbuca a un passo dal santuario. Qui un bronzo di Luciano Minguzzi onora Paolo VI, devoto alla Madonna della Stella, apparsa a un pastore muto, e in gioventù pellegrino al Santuario. Talora ricordava la leggenda legata ai muratori che videro la pianta della chiesa disegnata sul terreno: nel mezzo di un tondo «… elevavasi un giglio … su cui spargeva i suoi raggi la stella». Lì fu posta la prima pietra ed è la ragione per cui la costruzione ha radici in tre diversi comuni: buona parte a Concesio e la canonica a Cellatica. Il confine di Gussago sfiora il sagrato. Se il gitante arriva da Casaglio, frazione di Gussago, arrampicandosi lungo via Cudula, rasenta antichi portali e muretti che limitano le proprietà di campi e vigneti rigogliosi. Ma ora che s’avvicina il tempo della Pasqua, il sentiero suggerito è quello delle Croci. Percorso che permette una sosta pure alla chiesetta di San Rocco appollaiata su un’altura. Sarà un’ora di svago – e di riflessione, perché no – lungo una via che man mano si stringe a viottolo per poi farsi letto sassoso di torrentello, prima di tornare ad aprirsi, in vetta, proprio sotto la chiesa.
Costanzo Gatta

Fonte: Corriere della Sera

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