“Somebody”, arriva Qualcuno che sul palco è specchio dell’Altro

Somedoby 2016

Stiamo tutti aspettando qualcuno. O un umanissimo divino «qualcosa». Un amico, un amore, un risolutore di schemi complessi, una carezza, una fede, un segno. Uno spettacolo. Vladimiro ed Estragone aspettano Godot. Arriverà davvero? Attorno a questa risposta non colmata Samuel Beckett costruisce la sublime architettura dell’assenza di «Aspettando Godot». L’autrice e interprete Beatrice Faedi ha fatto salire su questa giostra di eterno confronto con l’altro – che forse è separato da noi o forse unito – la compagnia Somebody Teatro delle Diversità, nata dall’esperienza del Teatro delle Misticanze, per lo spettacolo che debutta domani alle 21 nella sala civica di Gussago e apre la rassegna L’ottavo giorno.

La parola «Somebody» è il chiavistello che apre la miriade di porte di questa storia. Il pronome indefinito della lingua inglese allude tanto a quel senso dell’attesa quanto all’identità, all’individualità di una persona: insostituibile, mai uguale, irregolare, piena. Il teatro di Faedi non poteva però spogliarsi nemmeno dell’ironia. Mentre afferma poeticamente la dignità di ogni coscienza, di ogni corpo, in contemporanea gioca a sbeffeggiare il più trito luogo comune. «Lei non sa chi sono io? Io sono Qualcuno», con la Q maiuscola, ovviamente: è quel che rispondono facinorosi, politici dimentichi delle regole, false personalità. Domani invece su quel palco molte persone si metteranno a nudo, senza riparo. «Quella che abbiamo scelto per lo spettacolo e la compagnia è una parola che ci guida nella nostra ricerca. Lavoriamo molto sugli spunti musicali e in ciò che vedremo in scena saranno centrali le suggestioni create da un brano di Gotye, “Somebody that I used to know“, così come la musica dei Doors, dei Blues Brothers, di Claudio Lolli – racconta Faedi – . Ci piaceva il suono del termine, che allude al tema dell’attesa e alla natura dell’essere umano. Con questa parola si attua la nostra trasformazione dopo l’esperienza importante delle Misticanze, che si è conclusa.

Portiamo un segno nuovo e abbiamo sulle spalle un bagaglio preziosissimo di ricordi, prove superate, incontri». Questo approccio al teatro implica l’unione di attori-autori e di non professionisti, persone con carriere diverse, con storie emotive e vie del corpo differenti: ispirarsi liberamente a Beckett vuol dire molte cose. Vuol dire mostrare al pubblico apertamente il fatto teatrale, vuol dire sapersi muovere con delicatezza dentro la tragedia del vivere, usando i toni del varietà, facendo rimbalzare le gag, sentendo anche risuonare il vuoto di un insensato affannarsi, ballare sul filo di una vicenda che non ha uno sviluppo canonico e trasforma l’inazione in azione.

«Già l’anno scorso sentivamo di aver raggiunto la maturità per affrontare un testo. Allora fu “Essere Tempesta“. La scelta cadde su Shakespeare, poeta corale, delle moltitudini: ragionammo su Calibano, abietto “mostro“ che ha in bocca le dichiarazioni d’amore più vere. Ora, in modo libero, il centro sarà Beckett che viviseziona il povero essere umano, lo parcellizza e lo lascia spesso abbandonato sul palco» aggiunge Faedi. La scelta è coraggiosa anche perché Didi e Gogo si ripetono «Bene, andiamo?», «Sì, andiamo», ma l’indicazione per lo svolgimento dell’azione – centrale nella tragicommedia – recita «Essi non si muovono». I protagonisti di Somebody abbracciano questa riflessione universale e, nel momento in cui la fanno propria, la oltrepassano. È come se, immergendosi in questo testo tanto amato, lo esaltassero e lo negassero. Spettacolo a «libero contributo». Costumi realizzati da Barbara Badiani, il progetto luci è di Stefano Mazzanti.
Sara Centenari

Fonte: Bresciaoggi

Per approfondire:
– consulta il programma completo de L’Ottavo giorno – Edizione 4

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