Si è spento Adriano Grasso Caprioli, artista bresciano che nel tempo ha lasciato tracce della sua ispirazione vivida, fra gli echi espressionisti di una pittura costruita sulle innovazioni delle avanguardie. Un’eredità culturale che è un patrimonio da non disperdere. Nato a Sale di Gussago nel 1927, Grasso Caprioli si forma all’arte attraverso la frequentazione dell’Accademia di BB.AA. di Vienna (dal 1949 al 1951), dove si diploma dopo gli studi in Italia (liceali e università – facoltà di Geologia). L’approdo viennese, il contatto con la grande cultura espressionista nell’età delle avanguardie storiche, lo spingono verso l’adesione, compresa e fatta propria, alle tensioni di una storia, quella della modernità, che non vuole sfociare in quella contemporaneità che solo con gli anni Sessanta vedrà la luce. Adriano rimane ancorato ad una figurazione che lui stesso definisce di «primitivismo selvaggio»: caratteri diffusi nella stagione delle neo avanguardie anni sessanta. È la stagione in cui il pittore di Gussago dà il meglio di sé: mostra alla Galleria Alberti (1958), personale all’Associazione Artisti Bresciani (1962) in cui compaiono i cavalli che rimangono a lungo uno dei suoi temi espressivi più noti: vengono elogiati nel 1964, anno in cui Grasso Caprioli vince anche il concorso nazionale dedicato alla caccia (è nato a Gussago: non poteva non esserci), e negli stessi anni è nominato presidente dell’Associazione Artisti Bresciani.
La sua pittura è stata declinata tenendo fermo il percorso figurativo, ma innovandolo e rinnovandolo sulla base delle esperienze espressioniste acquisite, e sulla base delle tendenze che la storia veniva costantemente valorizzando e modificando negli anni delle grandi trasformazioni. Un percorso ricco e frutto di un’evoluzione costante, aperta al contesto nei suoi cambiamenti. Trasformazioni che vanno oltre la pittura; ma il pittore bresciano rimane costantemente legato ad una figurazione irrequieta ma vitale, ad un «ritmo allegro e squillante» nella sua pittura, si scrisse allora, come ricorda Riccardo Lonati nel suo Dizionario. Rimane con alcuni amici uno dei riferimenti innovativi dell’arte bresciana, uno degli autori più attenti al nuovo; fu anche un grande disegnatore; di lui si ricordano le opere dedicate alla «Bibbia» e alle immagini della Madonna, che, a metà degli anni Settanta furono esposte negli spazi rinnovati di Santa Maria del Carmine. Un talento da apprezzare in profondità, dunque, capace di abbracciare pagine inedite d’arte per assimilarle e farle proprie. In un volumetto di successo, «Desiderio ridente», Grasso Caprioli annota insieme rime e caricature. Ha a lungo sostenuto una sua piccola Accademia privata, attraverso cui ha formato allievi attratti dai succhi del suo percorso creativo. Proprio per l’apertura alla modernità europea, che della sua pittura e del suo insegnamento sono l’aspetto più significativo, credo che Adriano possa meritare più di un ricordo nell’arte bresciana del secolo scorso: come autore e come diffusore di un credo che è sempre apparso difficile utilizzare.
Mauro Corradini
Fonte: Bresciaoggi