La gussaghese Stefania Balotelli trionfa nel concorso letterario “big jump”

Stefania Balotelli
Stefania Balotelli

A Milano nella sede della Rizzoli, ha visto il suo sogno di diventare una scrittrice fare un grande salto in avanti, un vero «big jump», come il titolo del concorso che l’ha vista trionfare su oltre 500 aspiranti scrittori. Stefania Balotelli, fiscalista trentasettenne di Gussago, ha dominato il concorso per romanzi inediti o pubblicati a proprie spese, lanciato da Rcs e Amazon. La giovane scrittrice ha vinto col romanzo «Dimmi se ne vale la pena» che ora, e questa è la parte migliore del premio, è stato pubblicato in e-book e oggi uscirà nelle librerie ovviamente per Rizzoli. La incontriamo all’uscita del Caaf della Cgil dove lavora come consulente. Come è accaduto che una fiscalista, laureata in Economia, si dia tanto da fare per diventare una scrittrice? Sembra strano, è vero. Ho fatto studi che non c’entrano con la mia passione. Un po’ anche per la famiglia, ma ho sempre scritto, fin da piccola. Tutto iniziò con Dickens e con David Copperfield che mia madre mi regalò quando avevo più o meno dodici anni. Rimasi folgorata e decisi che avrei fatto di tutto per scrivere anche io, volevo anche io raccontare storie. E quando decidesti di scrivere per gli altri, per pubblicare? Verso i trent’anni, con il mio ragazzo, che è tutt’ora il mio compagno nella vita, iniziammo a scrivere a quattro mani, per gioco, direi. Ne venne fuori un libro, «Gli amori del sabato sera» pubblicato da Newton Compton nel 2009 e che nei primi mesi ha pure venduto tremila copie. Mica male, e quindi ci hai preso gusto… Sì, fu una bella spinta. Poi nel 2010 con altre scrittrici partecipai con due racconti a un progetto di Nadia Busato: ne venne fuori il libro «Le pessime madri» edito da Planto. Nel 2011 nuovo progetto collettivo: «Affetti collaterali», libro che raccoglieva tredici racconti di altrettante scrittrici, tutti sullo stesso uomo, Rocco, che era stato “preso” da un sito di incontri. Non vendette granchè, era un lavoro difficile, ma fu divertente. Un inizio di carriera brillante direi, mai nessuna crisi? Altrochè, nel 2012 ebbi un periodo nero. L’editoria è un mondo difficile e alcune delusioni mi demoralizzarono. «Quasi quasi mollo tutto», pensai, mala passione ha prevalso e mi buttai di nuovo nella mischia cercando nuove vie. Cioè? Provai con le agenzie letterarie e poi con i concorsi. Iniziai con un piccolo concorso, divertentissimo: «Tecno solitudine» si chiamava e si trattava di scrivere 20 righe spiegando cosaè la tecno solitudine, ma erano vietati i personaggi umani e i dialoghi. Io scrissi la storia di un robottino. Non vinsi ma furono gli organizzatori a segnalarmi il concorso Big Jump. Decidesti subito di partecipare? A capofitto. Avevo già «Dimmi se ne vale la pena» nel cassetto. Era finito e mi piaceva e così lo invia ad Amazon e Rcs. Qual è la trama di questo libro? È la storia di Ginevra, una fotografa di 29 anni che lavora in una rivista milanese ed ha una relazione col caporedattore; quando la moglie di quest’ultimo scopre la cosa Ginevra viene licenziata e il caporedattore-amante le trova un lavoro in provincia, a Tremiglio, un paese che ho inventato dove la giovane incontra un gruppo di persone con il quale partecipa a un concorso del Comune di Milano per una nuova rivista. Non vi dico altro, se non che Ginevra troverà nuovi amici, commetterà nuovi errori ma troverà una sua strada.

Alla fine hai vinto, ma come è andata? Una guerra. È stato difficilissimo, perchè dopo l’invio dei romanzi (quasi 500 in tutto divisi in tre categorie Thriller, Rosa e Storico) il 14 febbraio è iniziata la votazione sui social network. Tutti i concorrenti sono impazziti e hanno fatto di tutto per farsi votare. Io ho un blog e sono presente su tutti i social e ho usato i mezzi che avevo. È stata una gara anche con scorrettezze tipo falsi contatti e attacchi, insulti e critiche di ogni tipo sul web. Ma ti hanno selezionato tra i 30 e poi? Il mio romanzo è risultato nei dieci migliori «rosa», poi a fine aprile il concorso è passato nelle mani degli esperti della Rizzoli e a fine maggio si è saputo che era tra i tre finalisti. Poi che avevo vinto il primo premio assoluto che comporta la pubblicazione non solo in e.book. Ne valeva la pena, mi pare. Certo, che altro potrei dire?
Alberto Pellegrini

Fonte: Giornale di Brescia

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