Santo Amonti
La storia di Amonti, boxeur galantuomo che odiava i pugni
«La vuole sapere una cosa? Io non so cosa sia il mal di testa». Agita le mani, mentre lo dice – mani grandi, mani senza fine; mani che hanno scritto pagine indelebili del pugilato italiano e non solo. Mani ruvide, scoscese e solide come rupi. «Queste, invece, mi fanno male. Più che altro quando cambia il tempo. Lo vede il pollice, com’è deformato? Si figuri che spesso, dopo un incontro, per togliermi i guantoni me li dovevano tagliare. Le avevo sempre gonfie». L’uomo col barometro
Santo Amonti, il gussaghese che fu campione italiano di pugilato
Nell’immaginario collettivo degli appassionati di boxe Santo Amonti, nato il 19 dicembre 1937, suscitava grandi emozioni per il suo modo di porsi al grande pubblico. Il bresciano, nativo della frazione Croce di Gussago (da qui la croce stampigliata sui pantaloncini) presentava un fisico non molto alto, ma compatto e possente. Viso da bravo ragazzo, si inginocchiava all’angolo prima di ogni match, facendosi il segno della croce. Al suono del gong si trasformava in una macchina da pugni tesa alla distruzione dell’avversario, esaltando il suo stile dirompente. Professionista