La tradiziù l’è chèl
salvadenér chè
conserva ‘l talènto dèi
nós vèci; per tignil
dessédat e chè ‘l sè möe
a menemà gh’öl faga
‘na quac zónta dè
palanchine nöe.
Aldo Cibaldi
Aldo Cibaldi

Noto come uno dei più importanti poeti in dialetto bresciano si occupò anche di critica d’arte, disegno infantile e letteratura giovanile. Nato a Cellatica, il 15 luglio 1914 (il padre vi lavorava temporaneamente come fabbro e la madre lo raggiunse da Bovegno per una visita di pochi giorni) da famiglia originaria di Bovegno in alta Val Trompia, paese a cui fu sempre legatissimo e nel quale fu anche consigliere comunale e assessore, ottenne la laurea in Lettere a Torino e successivamente in Filosofia e Pedagogia. A Bovegno conobbe Angelo Canossi col quale strinse amicizia e con cui amava confrontarsi durante le vacanze estive trascorse nel paese d’origine. Insegnò a Zara in Dalmazia da cui rientrò fortunosamente nel 1943 a seguito delle vicende belliche. La sua Storia della letteratura per l’infanzia e l’adolescenza (Ed. La Scuola, Brescia, 1967), più volte ristampata, venne segnalata al Premio internazionale di Caorle e premiata dall’Ateneo di Brescia. Fu direttore didattico del circolo di Rezzato (BS), fondò e diresse la Pinacoteca Internazionale dell’Età Evolutiva (PinAC). Per le sue opere in dialetto bresciano, nel 1947 vinse il Premio Angelo Canossi e nel 1952 il Premio G. Rosa. Curò le varie edizioni di Melodia e Congedo di Angelo Canossi di cui è considerato l’erede spirituale, presentandole con un lungo saggio critico. Nel 1962 e nel 1968 pubblicò, per le edizioni del Bruttanome, la raccolta di poesie dialettali Bràze e burnìs, ristampata poi nel ’78 a cura della libreria Resola di Brescia. Riposa nel cimitero di Bovegno nella cappella di famiglia. Il comune di Bovegno il 16 agosto 2008 gli ha conferito il “ciclamino d’oro” alla memoria con la seguente motivazione: “Figlio illustre di antica famiglia bovegnese, ha onorato con la sua opera letteraria Bovegno, al quale fu sempre legato, rivestendo anche nell’amministrazione comunale le cariche di consigliere, assessore alla cultura e vicesindaco.”
http://www.comune.bovegno.bs.it/index.php?id=77
La Tradizione, secondo papa PAOLO VI
Lasciate che un vostro concittadino di ieri renda omaggio ad uno dei valori più preziosi della vita umana e ai nostri giorni più trascurati: la tradizione. È un patrimonio fecondo, è un’eredità da conservare. Oggi la tendenza delle nuove generazioni è tutta verso il presente, anzi verso il futuro. E sta bene, sempre che questa tendenza non oscuri la visione reale e globale della vita. Perché, per godere del presente e per preparare il futuro, il passato ci può essere utile, e, in certo senso, indispensabile. Il distacco rivoluzionario dal passato non è sempre una liberazione, ma spesso significa il taglio della propria radice. Per progredire realmente, e non decadere, occorre avere il senso storico della nostra esperienza. Questo è vero perfino nel campo delle cose esteriori, tecnico-scientifiche e politiche, dove la corsa delle trasformazioni è più rapida e impetuosa; e lo è ancora di più nel campo delle realtà umane e specialmente nel campo della cultura. Lo è in quella della religione nostra, che è tutta una tradizione proveniente da Cristo.
Papa Paolo VI, fine anni Sessanta del secolo XX
Giovanni Battista Montini (papa Paolo VI)

Paolo VI papa, venerabile. – Giovanni Battista Montini (Concesio 1897 – Castelgandolfo 1978). Fu eletto papa il 21 giugno 1963, succedendo a Giovanni XXIII. Di famiglia cattolica molto impegnata sul piano politico e sociale, ordinato (1920) sacerdote, nello stesso anno si trasferì a Roma dove seguì corsi universitari (anche in filosofia e in lettere) e si laureò in diritto canonico (1922) e in diritto civile (1924). Nel frattempo era stato alcuni mesi (1923) addetto alla nunziatura apostolica di Varsavia. Entrato (1924) nella Segreteria di stato vi fu nominato (1925) minutante, mentre partecipava da vicino all’attività degli studenti universitari cattolici organizzati nella FUCI, della quale fu assistente ecclesiastico nazionale (1925-33) e alle cui riviste Studium e Azione fucina collaborò con frequenza, con attenzione continuata alla cultura e ai problemi del mondo moderno. Sostituto della Segreteria di stato (1937-52) e quindi (1952-54) prosegretario di stato per gli affari ordinari, ebbe un ruolo di primo piano nella politica della Santa Sede. Nel 1951 visitò gli S.U.A. e il Canada. Nominato (1° nov. 1954) arcivescovo di Milano, entrò in diocesi il 6 gen. 1955 e s’impegnò a fondo nel governo pastorale, seguendo in particolare i problemi dell’immigrazione, del mondo del lavoro e delle periferie (dove fece costruire oltre cento nuove chiese) e promuovendo tra l’altro una grande “missione” d’evangelizzazione (1957). Primo cardinale di Giovanni XXIII (15 dic. 1958), visitò ancora gli S.U.A. e il Brasile (1960) e poi (1962) l’Africa. Aperto il concilio Vaticano II, vi intervenne (28 ott. e 4 dic. 1962) sostenendo una linea di moderata riforma. Morto Giovanni XXIII, il 21 giugno 1963 fu eletto papa e scelse il nome di Paolo, con evidente richiamo all’apostolo evangelizzatore. Riconvocato il concilio Vaticano II (v. vaticano), che si riaprì il 29 sett. 1963, lo condusse con attente mediazioni, favorendo e moderando la maggioranza riformatrice, fino alla conclusione (8 dic. 1965), preceduta il giorno prima dalla revoca delle scomuniche intercorse nel 1054 tra Roma e Costantinopoli. Già nel primo anno di pontificato iniziò una serie di viaggi che per la prima volta nella storia portarono un papa in tutti i continenti. (…).
http://www.treccani.it/enciclopedia/paolo-vi-papa-venerabile/
La tradizione
Che cos’è ed il suo valore secondo i bresciani lo abbiamo letto ed inteso con chiarezza dalle parole di questi due bresciani di considerevole spessore, in campi diversi. Entrambi destinati a dover migrare dallo loro terra d’origine, la Valtrompia, e nonostante ciò legati alla nostra Gussago.
Il poeta, scrittore ed insegnate, direttore didattico Cibaldi da Bovegno: nato a Cellatica, vissuto ivi ed in Valtrompia e morto a Gussago; Giovanni Battista Montini nato a Concesio e perciò guardando da est la stessa Madonna della Stella che noi gussaghesi guardiamo da ovest. Legato a Gussago da prima di essere ordinato prete ed al tempo in cui a Gussago, da circa venticinque anni, trionfava l’eccelsa, internazionale figura di don Giorgio Bazzani (1863-1941) tanto stimata dai gussaghesi e dalle autorità civili ed ecclesiastiche, locali provinciali e nazionali; molte soggiornarono nella vecchissima Canonica di S. Maria Assunta. Tra queste non sfigurava il giovanotto Montini, chierico e poi sacerdote, che chiamava Mons. Bazzani col nome di maestro. Montini sin da piccolo fu di casa a Gussago e ci venne con frequenza anche da adulto, vuoi per andare a Concesio ed in Val Trompia sino a Collio, passando da Bovegno, terra di A. Cibaldi. Nel 1959 passò da Gussago per andare ad incontrare i minatori di Valle accompagnato, addirittura, dal Vescovo Giacinto Tredici e dal Prevosto di Bovegno Mons. Paolo Bertoli. Passava sovente da noi, fermandosi dal parroco Bazzani, sino alla primavera del 1941, e poi dai suoi successori prevosti. Di Gussago conosceva tutto, rimanendo in contatto, sia durante il lunghissimo periodo di vita trascorso in Vaticano, più di trent’anni, sia da Arcivescovo di Milano dal 1954 sino al giugno 1963. Per la cronaca, qualche giorno fa, la terza settimana di febbraio 2013, Il giornale dei vescovi ”Avvenire” parlava dei rapporti che Montini tenne con il gussaghese rag. Angelo Venturelli che, tra l’altro, gli fece incontrare Pietro Nenni. A Gussago veniva per salutare ai Camaldoli, sul monte Navazzone, l’amico ed insegnante Vescovo di Mantova, Mons. Domenico Menna, prelato notissimo a Gussago, anche per la sua passione venatoria. Sarà l’Arcivescovo Montini ad officiare, a Mantova, il funerale di Mons. Menna morto tra di noi gussaghesi, proprio al vecchio convento ed ex Seminario diocesano mantovano di Camaldoli, luogo dei loro incontri.
A cura di Achille Giovanni Piardi