«Ceco ha raggiunto una cima inviolabile da dove continuerà a guidarci nelle nostre scalate». È solo uno dei tanti messaggi lasciati dai compagni d’alta quota in occasione dell’addio a Francesco Prati, il 70enne vittima venerdì di una caduta mentre in cordata affrontava la cascata di ghiaccio di Valbione, a Ponte di Legno. Il suo funerale è stato celebrato ieri nella parrocchiale di Gussago, gremita di persone, dal parroco di Sale don Giorgio Gitti.
«La montagna è simbolo di libertà, fatica, impegno, gioia e panorami mozzafiato – ha detto nell’omelia -. Qualcosa che solo la montagna ti dà, e Francesco la amava per questo. In quella montagna amata ha trovato la morte, che umanamente parlando interrompe tutto». Poi, citando le parole del vescovo di Rimini all’addio al motociclista Marco Simoncelli, nel 2011, ha detto: «Dov’era Dio nel momento in cui Marco si è schiantato? Era lì pronto per impedire che cadesse nel baratro. Io credo che anche per Francesco Dio sia stato lì, a impedire che finisse nel nulla. Perchè quando arriva la morte, Dio ci rapisce prima, perché non cadiamo nel vuoto. E oggi Francesco ci sorride dalla vetta più alta».
In chiesa si respirava «un’atmosfera di profonda tristezza», afferma Claudio Inselvini, presidente del gruppo centrale del Club alpino accademico italiano ricordando Francesco, membro del gruppo orientale. Sono arrivati in tanti per l’ultimo abbraccio: c’erano i rappresentanti del Cai, del Circolo rocciatori Ugolini, i compagni di cordata storici e le persone che gli erano state vicine nel volontariato, che lo vedeva particolarmente attivo. Tanti anche i giovani, amici dei figli Alessandro e Michela, che dal papà hanno ereditato la passione per l’alta quota, e dei nipoti Filippo e Camilla che hanno letto un toccante ricordo del nonno. «Questa morte ci ha trovati impreparati, anche se sappiamo che purtroppo chi frequenta la montagna può rimanere vittima di un incidente – sottolinea un amico -. Quando capita si cerca di trovare una motivazione, soprattutto se capita a una persona di esperienza. Ma sono dettagli inutili. Ci mancherà molto: con lui era bello anche litigare».
Cinzia Reboni
Fonte: Bresciaoggi