Il volo di Semprini, da Gussago alla Juventus di Allegri

Alessandro Semprini Juventus

Quello che nello sport si chiama destino è solo la capacità di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto. A inizio gennaio, ad esempio, a Vinovo si è creata una situazione particolare: Massimiliano Allegri, allenatore della Juventus, era rimasto con un solo esterno destro arruolabile, Lichtsteiner. Serviva una faccia nuova e l’allenatore si è appoggiato alla Primavera di Grosso, uno che di terzini se ne intende: «Prendi Alessandro Semprini», il consiglio. E così fu. Alle emozioni forti, il diciottenne di Gussago era già abituato. «Dopo Ferragosto mi comunicarono all’improvviso che sarei passato dal Brescia alla Juve: una bella botta», racconta. In mezzo, una crescita continua che è parsa sorprendere persino il diretto interessato. «Non mi sono mai sentito più forte degli altri, qualche panchina nelle giovanili me la sono fatta. A Torino però sono migliorato molto, la forma è cresciuta sempre più». Al top è arrivato proprio quando a Buffon e soci serviva una mano. Scelta di tempo perfetta. Battito del cuore accelerato, bocca chiusa da ragazzo educato, si è messo in allenamento sulle piste di Gonzalo Higuain per poi trovarsi in panchina allo Juventus Stadium, contro Bologna (in Serie A) e Atalanta (in Coppa Italia).

La maglia numero 43 con il suo nome, a casa Semprini, è già stata incorniciata. «A malapena avevo giocato al Rigamonti, quel muro bianconero mi ha mozzato il fiato. Ho rischiato persino il derby con i bergamaschi – sorride – perché il mister mi fatto scaldare nel secondo tempo. Fosse accaduto, sarebbe stato un segno del destino». La provvidenza, però, era già stata benevola. Il debutto non è arrivato, ma Semprini ha migliorato il record di famiglia che deteneva il nonno, ex talento della Primavera del Brescia. Il padre, informatore medico, preferisce motori e tennis. A 6 anni Alessandro, nella natia Gussago, sognava Federer e non Dani Alves: «Due anni dopo ho provato il calcio a Cellatica. Ho abbandonato la racchetta ed è stato giusto così». Galoppa sulla fascia destra, ogni giorno. E la corsa sembra appena iniziata. L’importante è non appisolarsi, come quella volta dopo il gol di «mister» Grosso ai Mondiali del 2006. «Ricordo benissimo la vittoria con la Germania. Avevo 8 anni, la mia famiglia si riversò in piazza a festeggiare. Io mi addormentai, non mi svegliarono neanche i clacson». A giugno avrà l’esame di maturità, studia scienze applicate nel college juventino. Meglio restare svegli. E Alessandro ha deciso di vivere il suo sogno con gli occhi ben aperti. Senza dimenticare gli affetti: «Quel grazie dei miei genitori, dopo la convocazione in prima squadra, lo terrò sempre con me». Sembra commuoversi. Buon segno. Il ragazzo si farà.

Fonte: Corriere della Sera – Ed. Brescia

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