Pietro Zucchetti, prodiere, 35 anni, di Gussago, assisterà alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi, poi rientrerà in Italia, con il giovane skipper Ruggero Tita, trentino di Civezzano. Guardando la sfilata delle varie rappresentative, forse gli verrà un pizzico di nostalgia, e il desiderio di proseguire la carriera, e di presentarsi ai prossimi Giochi. Anche se in questo momento l’intenzione non pare esserci: «Andare avanti fino a Tokio 2020? Devo pensarci bene – osserva Zucchetti -. Per me significherebbe avere quasi quarant’anni anni. Non sono sicuro di averne voglia. Certe cose di questo sport mi hanno stufato. Ho già fatto tante considerazioni importanti, maprima le voglio condividere con i miei cari».
A Londra, sul 470, con Gabrio Zandonà, Pietro era rimasto appena giù dal podio, con tanto rammarico. Ha accettato il verdetto, con l’intenzione di non mollare. «In Inghilterra ho vissuto un’esperienza bellissima, terminata col quarto posto. – rammenta-. Nonostante tutti dicano sia un brutto risultato, la famosa medaglia di legno, secondo me è comunque un piazzamento notevole. L’Olimpiade è la massima espressione dello sport, l’obiettivo finale a cui ambire».
A Rio de Janeiro le cose sono andate male. «Siamo arrivati quattordicesimi. Significa che, nonostante il gran lavoro svolto, non abbiamo saputo cogliere l’opportunità avuta. Se il quarto posto di Londra mi fa dire che c’eravamo, e abbiamo concretamente lottato per la medaglia, stavolta non siamo entrati in regata come avremmo potuto». Eppure, al via della 12esima e ultima prova la coppia trentin-bresciana era in piena corsa per entrare nel gruppo dei 10 partecipanti alla Medal Race, che avrebbe dato una notevole visibilità. «Si, è vero. Sapevamo di essere ad un pelo dalla finale olimpica, addirittura a due lunghezze dall’ottavo. Sarebbe bastato un 8° o un 9° per entrare nella Medal. E con pochissimo di più ci saremmo giocati un bel settimo posto, dando tutta un’altra faccia alla nostra presenza in Brasile. Purtroppo in partenza siamo rimati incastrati tra Irlanda e Germania: un pessimo avvio. Ciononostante siamo riusciti a recuperare in boa di bolina e anche alla prima poppa. Ma per toglierci dal caos abbiamo estremizzato troppo la bolina seguente, e perso tante posizioni. Scelta sbagliata. Il danese, che aveva girato penultimo, ha fatto come noi, sparando dal lato opposto, tanto dachiudere secondo. A volte non sai a chi affidare la tua sorte, e il vento da prendere».
Un giudizio complessivo sulla vostra prestazione. «Più che deluso, direi di essere rammaricato – risponde Zucchetti -. Per me la delusione è un termine negativo, che butta giù. Invece, benché il risultato non mi piaccia, e abbiamo commesso degli errori, siamo riusciti anche a tenere duro sino alla fine. Gli ultimi due giorni eravamo sempre a palla, e una scelta sfortunata ci ha stroncati. Peccato». I due azzurri hanno pagato il fatto di essersi messi insieme solo dallo scorso autunno. In precedenza Zucchetti gareggiava con Giuseppe Angilella, afflitto da problemi alla schiena, mentre Tita, pur avendo conquistato l’argento ai mondiali juniores 2015 insieme al bresciano Giacomo Cavalli, non sempre viaggiava in sintonia con il compagno. Da qui la decisione dei due esponenti delle Fiamme Gialle (Zucchetti e Tita) di unire le forze, iniziando una vita nuova. Hanno debuttato ai mondiali d’Argentina di novembre, partendo da zero. Sono riusciti a progredire, ottenendo in extremis la qualificazione ai Giochi. Ma a Rio hanno accusato i limiti di un’intesa affrettata.
Sergio Zanca
Fonte: Bresciaoggi